lunedì 24 novembre 2008

Perché non un Popolo del Nord della Libertà?

Carlo Maria Lomartire sull’edizione milanese de “Il Giornale” di oggi ha pubblicato un articolo dal titolo: “Un Pdl più spostato a Nord”.

Un Partito democratico dei Nord, ormai lo chiedono in molti, a cominciare da Sergio Chiamparino, il bravo sindaco di Torino nonché ministro delle Riforme dell’evanescente «governo ombra» veltroniano, uno dei pochi veri riformisti del Pd. È stato il primo a parlarne, insieme ad alcuni compagni milanesi, ma ora Chiamparino chiede addirittura «un leader per il Pd del Settentrione». Si tratta, in fondo, della banale constatazione che alla specificità economica sociale e culturale Nord non può che corrispondere una specificità politica. Banalità che però in pochi sembrano cogliere.
Anche il Pdl, che su questo terreno lascia troppo spazio alla Lega, che perciò gli sottrae voti col risultato che in gran parte del Nord è ormai ai livelli di Forza Italia. D’altra parte cosa deve pensare l’elettore padano che, ad esempio, registra tanta attenzione del governo per Napoli e la sua monnezza, per Roma e i suoi debiti, per Catania e il suo crac finanziario mentre passano ben otto mesi per ottenere un decreto sull’Expo e nulla si muove sul fronte delle infrastrutture? Cosa deve dedurne se, tutte le volte che si parla di federalismo, subito se ne contesta l’utilità e l’economicità, se ne minimizza la portata e, per tranquillizzare il Sud, si coniano bizzarre formule enfatiche dei tipo «federalismo solidale»? Il federalismo è sempre solidale, per definizione. Ora finalmente dalle parti di questo Pdl meridionalizzato - come per farsi perdonare origini e antropologia nordiste su cui finora ha troppo contato - si accorgono che la concorrenza della Lega comincia a far male. E come pensano di contrastarla? Con quella che Il Foglio chiama «la controffensiva del Nord»: minacciando di allungare i tempi delle riforme per ricondurre la Lega all’ovile. Complimenti, il Nord gliene sarà grato. Più convincente, semmai, è la ricetta del governatore lombardo Formigoni, che considera sì la Lega un concorrente ma da contrastare sul suo terreno, con più attenzione al Nord, alle sue specificità e alle sue esigenze. Magari ipotizzando anche per il Pdl una formula «Chiamparino», un autonomo partito del Nord, sul modello della Csu bavarese.


Ma questo, un Popolo del Nord della Libertà, non è il solo fermento all’interno del Pdl. Come già avevo annunciato ieri c’è al suo interno un movimento di piccole formazioni che si preparano a fronteggiare la “diarchia” FI e An. Dà spazio alla questione stamani su “Il Messaggero” un articolo di Marco Conti, titolo: “Tensioni nel centrodestra. Rivolta nel Pdl, i “piccoli” fanno un nuovo partito”. Eccolo di seguito:

Attenderanno la riunione di mercoledì con i segretari regionali convocata da Dennis Verdini, ma il dado è ormai tratto e in attesa che il “Popolo della Libertà” si strutturi in un nuovo partito, i “piccoli” si organizzano e ne fanno uno tutto loro per fronteggiare «la diarchia di Forza Italia e An - come la definisce Stefano Caldoro del Nuovo Psi - trasformatasi ora in confusione».
Obiettivo dare vita a metà settimana ad un nuovo soggetto politico composto dalla Dca di Gianfranco Rotondi, da Alternativa Sociale di Alessandra Mussolini, dal Pri di Francesco Nucara e dai Liberal Democratici di Lamberto Dini.
È quindi prossima la nascita di un partito tutto nuovo pronto a trattare l’ingresso nella Pdl da posizioni di maggiore forza, e che conterà anche su gruppi parlamentari propri. Infatti una dozzina di onorevoli e una mezza dozzina di senatori potrebbero presto costituirsi in gruppi autonomi alla Camera e al Senato, che diventeranno più consistenti grazie anche al contributo degli eletti nel Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo. Si annuncia quindi la nascita dentro al centrodestra di una fronda consistente che rischia di creare qualche problema in più ai lavoro dei capigruppo della Pdl - che già faticano non poco per garantire in aula i numeri minimi necessari - e al coordinatore nazionale azzurro Denis Verdini.
L’irritazione dei leader dei partiti più piccoli ha ieri l’altro toccato il massimo con la partecipazione dello stesso Verdini alla convention nazionale del “Movimento per l’Italia” di Daniela Santanchè. Malumori che si sono aggiunti a quelli di qualche giorno fa dovuti alla partecipazione telefonica dello stesso Silvio Berlusconi alla convention di Carlo Giovanardi. «Serve un chiarimento o salta tutto - spiegava ieri il ministro Gianfranco Rotondi - noi siano tra i soci fondatori del Pdl insieme a FI e An. Tutti sono benvenuti, ma un conto sono i singoli un conto i partiti più o meno strutturati». Via libera quindi al nuovo soggetto politico il cui nome non è stato ancora individuato, ma che punta a trattare da una posizione di maggior forza non solo l’ingresso nel Pdl ma anche le candidature per le elezioni.
A pochi giorni dallo scioglimento di Forza Italia e in vista della riunione di mercoledì, molti segretari regionali si preparano ad arrivare a Roma con delle cartelline gonfie di quesiti. Sul piede di guerra sono in particolare i coordinatori di An che faticano a far propri i meccanismi di Forza Italia e che pretendono di costruire un partito fortemente legato al territorio capace di esprimere classe dirigente senza bisogno di gazebo. Esattamente l’opposto di ciò che è avvenuto sinora dentro Forza Italia dove i coordinatori regionali vengono decisi da Berlusconi e di congressi locali non c’è mai stata grossa traccia.

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