L’articolo che segue è di Fiorenza Sarzanini sul “Corriere della Sera” di oggi. Non c’è che dire d’altro se non che Maroni ha i marroni.
Sono 190 gli studenti denunciati per occupazione abusiva o per interruzione di pubblico servizio. La linea dura annunciata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni dopo il corteo che aveva portato in piazza centinaia, di migliaia di persone, viene dunque messa in atto dalle forze dell’ordine. Nella maggior parte dei casi sono stati gli stessi presidi e rettori a sollecitare l’intervento di carabinieri e polizia, alcuni ragazzi sono stati però identificati fuori dagli istituti e accusati di aver impedito agli altri di entrare.
Più volte in questi giorni le associazioni studentesche e i partiti dell’opposizione avevano chiesto di «porre fine al clima intimidatorio all’interno di scuole a atenei», ma ieri alla Camera Maroni ha ribadito la sua posizione: «Garantire il dissenso purché espresso nel rispetto della legge e del diritto degli altri. E tra i diritti c’è quello di veder assicurata la continuità didattica».
Il titolare del Viminale va in Parlamento per rispondere alle interrogazioni e rende note le cifre. Spiega che «sono oltre 650 le manifestazioni di protesta studentesca attuate a partire dall’inizio dell’anno scolastico, 134 gli istituti medi superiori occupati, 10 le facoltà universitarie che sono state occupate anche solo per un giorno, 29 gli istituti medi e una facoltà universitaria in autogestione». Non fornisce pubblicamente il numero delle denunce.
Due giorni fa era stato Vincenzo Vita del Partito Democratico a elencare le città «dove sono state aperte inchieste e presentate denunce contro studenti: Roma, Milano, Bologna, Padova e Treviso» e aveva chiesto di «stemperare il contrasto tra governo e mondo della scuola, rispondendo con il confronto e il dialogo a pacifiche forme di protesta di insegnanti, famiglie e ragazzi».
Nella sua risposta di ieri Maroni sostiene che «si sta cercando di prevenire qualsiasi azione violenta, identificando e denunciando i responsabili» e aggiunge: «Credo che la tutela della democrazia e delle libertà fondamentali sia un compito anche delle forze di polizia per garantire il funzionamento del sistema costituzionale e il mantenimento dell’ordine pubblico, consentendo ai cittadini di esercitare liberamente e pacificamente le proprie attività e i diritti costituzionali: quello di manifestare il dissenso rispetto alle politiche o alle decisioni di una istituzione del governo ma anche quello di partecipare alle lezioni e di studiare nelle scuole». Poi ricorda la sua circolare del 22 ottobre che invitata le questure «a intensificare l’attività preventiva e informativa» e la sua raccomandazione «perché venga comunque fatto emergere ogni elemento utile a predisporre eventuali misure di protezione di persone e obiettivi a rischio».
Sono 190 gli studenti denunciati per occupazione abusiva o per interruzione di pubblico servizio. La linea dura annunciata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni dopo il corteo che aveva portato in piazza centinaia, di migliaia di persone, viene dunque messa in atto dalle forze dell’ordine. Nella maggior parte dei casi sono stati gli stessi presidi e rettori a sollecitare l’intervento di carabinieri e polizia, alcuni ragazzi sono stati però identificati fuori dagli istituti e accusati di aver impedito agli altri di entrare.
Più volte in questi giorni le associazioni studentesche e i partiti dell’opposizione avevano chiesto di «porre fine al clima intimidatorio all’interno di scuole a atenei», ma ieri alla Camera Maroni ha ribadito la sua posizione: «Garantire il dissenso purché espresso nel rispetto della legge e del diritto degli altri. E tra i diritti c’è quello di veder assicurata la continuità didattica».
Il titolare del Viminale va in Parlamento per rispondere alle interrogazioni e rende note le cifre. Spiega che «sono oltre 650 le manifestazioni di protesta studentesca attuate a partire dall’inizio dell’anno scolastico, 134 gli istituti medi superiori occupati, 10 le facoltà universitarie che sono state occupate anche solo per un giorno, 29 gli istituti medi e una facoltà universitaria in autogestione». Non fornisce pubblicamente il numero delle denunce.
Due giorni fa era stato Vincenzo Vita del Partito Democratico a elencare le città «dove sono state aperte inchieste e presentate denunce contro studenti: Roma, Milano, Bologna, Padova e Treviso» e aveva chiesto di «stemperare il contrasto tra governo e mondo della scuola, rispondendo con il confronto e il dialogo a pacifiche forme di protesta di insegnanti, famiglie e ragazzi».
Nella sua risposta di ieri Maroni sostiene che «si sta cercando di prevenire qualsiasi azione violenta, identificando e denunciando i responsabili» e aggiunge: «Credo che la tutela della democrazia e delle libertà fondamentali sia un compito anche delle forze di polizia per garantire il funzionamento del sistema costituzionale e il mantenimento dell’ordine pubblico, consentendo ai cittadini di esercitare liberamente e pacificamente le proprie attività e i diritti costituzionali: quello di manifestare il dissenso rispetto alle politiche o alle decisioni di una istituzione del governo ma anche quello di partecipare alle lezioni e di studiare nelle scuole». Poi ricorda la sua circolare del 22 ottobre che invitata le questure «a intensificare l’attività preventiva e informativa» e la sua raccomandazione «perché venga comunque fatto emergere ogni elemento utile a predisporre eventuali misure di protezione di persone e obiettivi a rischio».
Una scelta di fermezza anticipata da Maroni dopo il corteo del 30 ottobre affermando che «l`obiettivo delle denunce e quello di colpire i leader della protesta, spesso “veterani” delle occupazioni, in maniera da frenare l`effetto-valanga in corso».
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