“La Padania” oggi ha pubblicato una intervista a Roberto Castelli sulla questione Alitalia col titolo “La Lega non accetterà tradimenti”. Vediamola:
Sottosegretario Roberto Castelli, sul fronte Alitalia ieri è stata un’altra giornata di tensione con le cinque sigle sindacali “ribelli” che hanno ribadito il no al piano Cai, che loro modo di vedere prevede un numero di esuberi superiore a quello concordato con palazzo Chigi a due mesi fa.
«Mi sembra una posizione pretestuosa, perché - ed avendo partecipato personalmente a quel vertice posso portare una testimonianza diretta la Cai a settembre si era impegnata ad assumere 11.500 addetti. Oggi assicura un posto per 12.800 persone. La motivazione addotta dalle sigle contrarie all’accordo, appare quindi come una evidente bugia».
In questi giorni si parla molto anche delle possibili alleanze strategiche della nuova compagnia aerea con altri vettori europei. Teme ci possano essere delle ripercussioni negative per Malpensa? «Il timore, come già denunciato in passato, continua a sussistere. Il sospetto che si voglia favorire un partner europeo piuttosto che un altro perché più interessato a puntare su Fiumicino, rimane. Ma su questo aspetto la Lega non intende derogare. Proprio oggi (ieri per chi legge, ndr), la Segreteria politica del Movimento ha deciso di chiedere con forza che qualsiasi azione venga messa in atto non pregiudichi in alcun modo lo sviluppo dell’hub lombardo».
Ciò vale anche se la Cai puntasse ad una partnership con Air France piuttosto che ad un accordo con Lufthansa? «Non è il caso di fare nomi, perché noi non facciamo il tifo per questa o quella società. Noi ci limitiamo a ribadire che è il mercato a dover decidere e non la politica. Non possiamo tollerare che una decisione presa a Roma metta un’ipoteca sullo sviluppo del nostro aeroporto internazionale».
Berlusconi in campagna elettorale aveva aperto alla possibilità di una riunione del Consiglio dei ministri proprio a Malpensa. Ci sarà?
«Mi auguro di sì. Sarebbe una importante dimostrazione di attenzione del Governo nei confronti della Padania».
Il tema infrastrutture si lega a doppio filo con quello dell’Expo. I soldi per realizzare le opere per esposizione del 2015 ci sono, ma non tutti.
«Se da un lato possiamo essere contenti per il fatto che sono stati destinati oltre 15 miliardi di euro per un evento che si terrà in Padania, dall’altro non possiamo misconoscere il problema che i circa 2 miliardi e 800 milioni che ancora mancano stanno bloccando l’apertura di alcuni importanti cantieri. E dal momento che dal punto di vista strutturale il 2015 è dietro l’angolo, questi soldi vanno trovati nel modo più rapido possibile».
In che modo?
«Con erogazioni da parte dello Stato o attraverso finanziamenti alternativi che io personalmente sto studiando e che presenterò prima al ministro e poi a Palazzo Chigi. I prossimi due mesi saranno decisivi per chiarire il quadro della situazione».
La “dead line” mi sembra di capire sia la prossima Finanziaria?
«Esatto. Non a caso ho parlato di novembre e dicembre come mesi decisivi, visto che la Finanziaria entra in vigore con il 1 ° gennaio 2009».
Tremonti però sui soldi all’Expo è sembrato piuttosto “freddo”?
«I1 ministro dell’Economia fa il suo lavoro e lo fa egregiamente. Noi abbiamo fatto una scelta: quella di raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2011. Se vogliamo centrare questo obiettivo senza aumentare le tasse non possiamo che tagliare le spese. Sarebbe incoerente accettare questo quadro macroeconomico e poi andare a chiedere i soldi per ogni cosa».
Però reperire questi fondi è assolutamente necessario.
«Infatti. Per questo, ribadisco, stiamo lavorando. Io personalmente sto esplorando tutte le strade percorribili per trovarli. Nonostante si stia attraversando un momento di crisi finanziaria, in giro per il mondo ci sono delle risorse che potrebbero essere utilizzate. Si tratta di adottare un quadro normativo che ci consenta di farlo».
Magari defiscalizzando gli investimenti internazionali per l’Expo di Milano? «Non voglio dire di più, anche perché siamo ancora in una fase di ipotesi accademiche, che poi andranno tradotte in accordo politico e, trovato questo, in norme di legge. È un cammino complesso, ma ci stiamo muovendo».
Sottosegretario Roberto Castelli, sul fronte Alitalia ieri è stata un’altra giornata di tensione con le cinque sigle sindacali “ribelli” che hanno ribadito il no al piano Cai, che loro modo di vedere prevede un numero di esuberi superiore a quello concordato con palazzo Chigi a due mesi fa.
«Mi sembra una posizione pretestuosa, perché - ed avendo partecipato personalmente a quel vertice posso portare una testimonianza diretta la Cai a settembre si era impegnata ad assumere 11.500 addetti. Oggi assicura un posto per 12.800 persone. La motivazione addotta dalle sigle contrarie all’accordo, appare quindi come una evidente bugia».
In questi giorni si parla molto anche delle possibili alleanze strategiche della nuova compagnia aerea con altri vettori europei. Teme ci possano essere delle ripercussioni negative per Malpensa? «Il timore, come già denunciato in passato, continua a sussistere. Il sospetto che si voglia favorire un partner europeo piuttosto che un altro perché più interessato a puntare su Fiumicino, rimane. Ma su questo aspetto la Lega non intende derogare. Proprio oggi (ieri per chi legge, ndr), la Segreteria politica del Movimento ha deciso di chiedere con forza che qualsiasi azione venga messa in atto non pregiudichi in alcun modo lo sviluppo dell’hub lombardo».
Ciò vale anche se la Cai puntasse ad una partnership con Air France piuttosto che ad un accordo con Lufthansa? «Non è il caso di fare nomi, perché noi non facciamo il tifo per questa o quella società. Noi ci limitiamo a ribadire che è il mercato a dover decidere e non la politica. Non possiamo tollerare che una decisione presa a Roma metta un’ipoteca sullo sviluppo del nostro aeroporto internazionale».
Berlusconi in campagna elettorale aveva aperto alla possibilità di una riunione del Consiglio dei ministri proprio a Malpensa. Ci sarà?
«Mi auguro di sì. Sarebbe una importante dimostrazione di attenzione del Governo nei confronti della Padania».
Il tema infrastrutture si lega a doppio filo con quello dell’Expo. I soldi per realizzare le opere per esposizione del 2015 ci sono, ma non tutti.
«Se da un lato possiamo essere contenti per il fatto che sono stati destinati oltre 15 miliardi di euro per un evento che si terrà in Padania, dall’altro non possiamo misconoscere il problema che i circa 2 miliardi e 800 milioni che ancora mancano stanno bloccando l’apertura di alcuni importanti cantieri. E dal momento che dal punto di vista strutturale il 2015 è dietro l’angolo, questi soldi vanno trovati nel modo più rapido possibile».
In che modo?
«Con erogazioni da parte dello Stato o attraverso finanziamenti alternativi che io personalmente sto studiando e che presenterò prima al ministro e poi a Palazzo Chigi. I prossimi due mesi saranno decisivi per chiarire il quadro della situazione».
La “dead line” mi sembra di capire sia la prossima Finanziaria?
«Esatto. Non a caso ho parlato di novembre e dicembre come mesi decisivi, visto che la Finanziaria entra in vigore con il 1 ° gennaio 2009».
Tremonti però sui soldi all’Expo è sembrato piuttosto “freddo”?
«I1 ministro dell’Economia fa il suo lavoro e lo fa egregiamente. Noi abbiamo fatto una scelta: quella di raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2011. Se vogliamo centrare questo obiettivo senza aumentare le tasse non possiamo che tagliare le spese. Sarebbe incoerente accettare questo quadro macroeconomico e poi andare a chiedere i soldi per ogni cosa».
Però reperire questi fondi è assolutamente necessario.
«Infatti. Per questo, ribadisco, stiamo lavorando. Io personalmente sto esplorando tutte le strade percorribili per trovarli. Nonostante si stia attraversando un momento di crisi finanziaria, in giro per il mondo ci sono delle risorse che potrebbero essere utilizzate. Si tratta di adottare un quadro normativo che ci consenta di farlo».
Magari defiscalizzando gli investimenti internazionali per l’Expo di Milano? «Non voglio dire di più, anche perché siamo ancora in una fase di ipotesi accademiche, che poi andranno tradotte in accordo politico e, trovato questo, in norme di legge. È un cammino complesso, ma ci stiamo muovendo».
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