Mario Giordano intitola oggi il suo commento su “Il Giornale”: “Errori da non ripetere. La lezione che viene dalla scuola”. L’indice puntato sugli errori di comunicazione: spiegare chiaramente agli italiani cosa il governo sta facendo non concedendo spazi di demagogia al minculpop radical-chic.
Siamo convinti che il maestro unico sia un bene. E che sulla scuola siano state raccontate troppe balle in queste settimane, terrorizzando le mamme e strumentalizzando gli studenti, con l’unico obiettivo di difendere interessi di categoria. O, peggio, di partito.
Abbiamo denunciato puntualmente le mistificazioni. Abbiamo svelato i trucchetti di chi per anni ha trasformato la scuola in un circo, e nelle ultime settimane addirittura in un Circo Massimo. Ma proprio per questo, oggi, ci sembra giusto dire con chiarezza che, anche per quanto riguarda il governo, qualcosa non ha funzionato. Ci sono stati degli errori. Errori di comunicazione, innanzitutto, perché evidentemente il ministero dell’istruzione non ha saputo spiegare quello che stava facendo. Ma anche errori strategici, perché non è possibile farsi scatenare addosso un nuovo Sessantotto, con tutte le scuole, dagli asili alle università, in piazza, avendo varato niente più che una riforma del grembiulino...
Nell’ultima settimana ho partecipato ad alcuni dibattiti. E ho assistito a situazioni paradossali, in cui i rappresentanti della maggioranza sembravano giustificarsi dicendo: «Non abbiamo fatto nulla». La lotta agli sprechi? Nel decreto Gelmini non c’è. La riorganizzazione dei corsi universitari? Nel decreto Gelmini non c’è. Le nuove superiori? Nel decreto Gelmini non se ne parla. Tutto vero, tutto giusto. Ma è possibile che la maggioranza più compatta e decisionista che il Paese ricordi debba difendersi dicendo: «Non abbiamo fatto nulla»?
Sia chiaro: i tagli della Finanziaria sono necessari. E di sprechi da tagliare, come abbiamo visto in queste settimane, ce ne sono tanti nelle scuole e nelle università. Ma forse occorreva un progetto organico per spiegare come la nuova scuola, più meritocratica ed efficiente, può consentire servizi migliori a costi più bassi. Noi siamo sicuri che ciò sia possibile e che il governo sia in grado di farlo. Ma va raccontato agli italiani. Evitando di generare quei timori su cui poi hanno buon gioco i professionisti della strumentalizzazione.Strumentalizzazioni ce ne saranno sempre, è evidente. Ma proprio per questo bisogna evitare di creare le condizioni che le favoriscono. Procedere, dopo i tagli in Finanziaria, con quel decreto legge su maestri e grembiulini si è rivelata, a conti fatti, una scelta non tempestiva. Occorre tenerne conto. A questo governo gli italiani hanno affidato un compito fondamentale: quello di procedere con riforme importanti, dalla scuola alla giustizia, dal welfare alla pubblica amministrazione, eliminando privilegi, sprechi e inefficienze che si sono accumulati per decenni. È un’impresa ciclopica, che non ammette scivolate né svarioni. E che chiede la stessa determinazione mostrata finora nel risolvere le emergenze (rifiuti, Alitalia...) ma anche un’accortezza particolare, una capacità di spiegarsi al Paese e di coinvolgere la maggioranza degli italiani, che questa cambiamento lo aspettano davvero. Che la scuola, dunque, serva da lezione.
Siamo convinti che il maestro unico sia un bene. E che sulla scuola siano state raccontate troppe balle in queste settimane, terrorizzando le mamme e strumentalizzando gli studenti, con l’unico obiettivo di difendere interessi di categoria. O, peggio, di partito.
Abbiamo denunciato puntualmente le mistificazioni. Abbiamo svelato i trucchetti di chi per anni ha trasformato la scuola in un circo, e nelle ultime settimane addirittura in un Circo Massimo. Ma proprio per questo, oggi, ci sembra giusto dire con chiarezza che, anche per quanto riguarda il governo, qualcosa non ha funzionato. Ci sono stati degli errori. Errori di comunicazione, innanzitutto, perché evidentemente il ministero dell’istruzione non ha saputo spiegare quello che stava facendo. Ma anche errori strategici, perché non è possibile farsi scatenare addosso un nuovo Sessantotto, con tutte le scuole, dagli asili alle università, in piazza, avendo varato niente più che una riforma del grembiulino...
Nell’ultima settimana ho partecipato ad alcuni dibattiti. E ho assistito a situazioni paradossali, in cui i rappresentanti della maggioranza sembravano giustificarsi dicendo: «Non abbiamo fatto nulla». La lotta agli sprechi? Nel decreto Gelmini non c’è. La riorganizzazione dei corsi universitari? Nel decreto Gelmini non c’è. Le nuove superiori? Nel decreto Gelmini non se ne parla. Tutto vero, tutto giusto. Ma è possibile che la maggioranza più compatta e decisionista che il Paese ricordi debba difendersi dicendo: «Non abbiamo fatto nulla»?
Sia chiaro: i tagli della Finanziaria sono necessari. E di sprechi da tagliare, come abbiamo visto in queste settimane, ce ne sono tanti nelle scuole e nelle università. Ma forse occorreva un progetto organico per spiegare come la nuova scuola, più meritocratica ed efficiente, può consentire servizi migliori a costi più bassi. Noi siamo sicuri che ciò sia possibile e che il governo sia in grado di farlo. Ma va raccontato agli italiani. Evitando di generare quei timori su cui poi hanno buon gioco i professionisti della strumentalizzazione.Strumentalizzazioni ce ne saranno sempre, è evidente. Ma proprio per questo bisogna evitare di creare le condizioni che le favoriscono. Procedere, dopo i tagli in Finanziaria, con quel decreto legge su maestri e grembiulini si è rivelata, a conti fatti, una scelta non tempestiva. Occorre tenerne conto. A questo governo gli italiani hanno affidato un compito fondamentale: quello di procedere con riforme importanti, dalla scuola alla giustizia, dal welfare alla pubblica amministrazione, eliminando privilegi, sprechi e inefficienze che si sono accumulati per decenni. È un’impresa ciclopica, che non ammette scivolate né svarioni. E che chiede la stessa determinazione mostrata finora nel risolvere le emergenze (rifiuti, Alitalia...) ma anche un’accortezza particolare, una capacità di spiegarsi al Paese e di coinvolgere la maggioranza degli italiani, che questa cambiamento lo aspettano davvero. Che la scuola, dunque, serva da lezione.
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