giovedì 20 novembre 2008

Pizzini vostri

Vediamo come questa mattina “La Stampa” ci ha raccontato la vicenda del pizzino di Latorre. L’articolo è di Antonella Rampino, titolo: “Pizzino in diretta sul La7. Ira di Veltroni su Latorre. «Uno così non può dare affidabilità a cento senatori». Sospettato di inciucio”.

Raccontano a via del Nazareno che Veltroni abbia perso l’abituale understatement. Per la precisione, «stavolta s’è proprio incazzato». Mentre invece «no, no, Massimo non sa ancora niente», scuote la testa Nicola Latorre, il senatore non a caso ieri dimissionato dalla commissione di Vigilanza Rai per far posto a Sergio Zavoli, soluzione veltroniana alla commissione di Vigilanza Rai.
Ha scatenato un putiferio il bigliettino che Latorre ha passato a Italo Bocchino di An in, diretta Tv. Massimo, naturalmente, è D’Alema, ieri in viaggio tra il Messico e Panama, e da lì certo non è riuscito ad apprendere la cosa nemmeno via «Striscia la notizia». «Io l’avevo strappato, quel bigliettino, ma Piroso l’ha raccattato dal cestino, e l’ha mostrato a Omnibus», dice Latorre. Il pizzino era un angolino di pagina di giornale, con su scritto «Io non posso dirlo, ma il precedente della Corte? Il caso Pecorella?».
Il guaio, è che Latorre l’ha passato a Bocchino perché l’usasse contro un altro deputato che del Pd sarebbe alleato, Donadi dell’Idv. Bocchino però è anche il brillante deputato di Alleanza Nazionale artefice della soluzione Villari, ovvero prendere un ex democristiano campano nato e cresciuto sull’asse De Mita-Mastella, oggi parlamentare del Pd, e farlo diventare presidente di commissione di Vigilanza Rai con i voti dei berluscones, allo scopo di stoppare la candidatura dell’oggi dipietrista Leoluca Orlando.
E poiché erano giorni e giorni che si sussurrava che l’operazione fosse avvenuta con l’avallo dei dalemiani, e cioè di Latorre, quel fugace passaggio di pizzino ha dato sostanza, e veridicità, ai sospetti. «Nicola l’ha fatto sotto l’occhio di quattro telecamere!», si fanno sfuggire dal quartier generale dalemiano, come se potesse essere prova a discarico dall’accusa più urticante, quella di intelligence col nemico.
Ma tant’è. Veltroni, sotto attacco per non esser riuscito a far cambiare idea a Di Pietro sul nome di Leoluca Orlando (al momento delle candidature per le politiche il segretario Pd e Paolo Gentiloni avevano “infilato” nell’Id Beppe Giulietti, già vedendoselo presidente della commissione di Vigilanza, ma Di Pietro mica è scemo), adesso ha tutte le intenzioni di andare fino in fondo. Ieri mattina, raffreddata l’ira, ha preso il telefono e ha chiamato Anna Finocchiaro, che di Latorre in Senato è il capo. Cara Anna, è stato il ragionamento, «capisci bene che chi commette una tale leggerezza non dà ai 100 senatori del Pd l’affidabilità che è richiesta a un vicepresidente, per non dire poi che Palazzo Madama non è un luogo di libero scambio delle opinioni, per quelle Latorre ha la direzione del partito, oltre che la tivù». Insomma: Veltroni vorrebbe che Latorre lasciasse anche la vicepresidenza dei senatori del Pd. Anna Finocchiaro, che non si sa se vorrebbe o meno liberarsi di Latorre, anche se ieri a Palazzo Madama non si faceva che cliccare i siti che rilanciano la scenetta, ha risposto al segretario che «intanto Latorre ha dato le dimissioni per far posto a Zavoli». Dunque si aspetta il rientro di D’Alema, e un «chiarimento politico». Ma l’aria che tira è sempre quella: Walter e Massino l’un contro l’altro armati.
Ieri, in assenza del capo, sono scesi a coorte in difesa di Latorre i pesi massimi che gravitano tra Red e le altre propaggini dalemiane, dall’ideologo Roberto Gualtieri che chiedeva «nessun processo staliniano», ad Antonio Polito del «Riformista», fino a Francesco Boccia, il dioscuro di Enrico Letta che con D’Alema ha stretto un’alleanza, alcuni mesi orsono, rompendo con Pierluigi Bersani.
Nel partito, intanto, regna lo sconcerto. Piero Fassino ha invitato i suoi a cucirsi la bocca. «Il Pd non è una casa d’appuntamenti», dice Giorgio Tonini. Ma i veleni corrono: Latorre è sospettato di aver giocato una partita per se stesso, puntando su Italo Bocchino, per il dopo-Villari. A rompere il gioco, la mossa a sorpresa dell’Idv di ritirarsi dalla commissione di Vigilanza. Una mossa di Veltroni.

Nessun commento:

Archivio blog