Vittorio Feltri ha pubblicato oggi su “Libero” un articolo-lettera-supplica destinato al premier Silvio Berlusconi. Titolo: “I piloti ti sfottono. Silvio, ora piantala. I discoli volanti sono pronti a boicottare Alitalia 2 come hanno fatto con Alitalia 1. Lei, presidente, non cada nella trappola e li mandi tutti a casa prima che la seppelliscano”.
Caro Presidente, quello che hanno combinato e combinano i piloti lo sa meglio di me e non mi dilungherò in ulteriori pleonastiche descrizioni. Basti ricordare che Aquila selvaggia esordì una trentina di anni or sono con iniziative devastanti e da allora non ha più smesso di provocare danni irreparabili. Peggio. La categoria dei discoli volanti ha fatto cattiva scuola a tutto il personale della compagnia che ha imparato alla perfezione l’arte di esasperare i clienti e anche quella di uccidere le aziende. Nel caso di Alitalia il delitto è stato perfetto.
Mentre la società scricchiolava, e minacciava di schiantarsi, come poi è avvenuto, i signori dipendenti anziché darsi da fare per lavorare meglio e di più e salvare così la baracca insieme coi posti di lavoro, cosa facevano? Scioperavano accelerando i tempi dell’agonia. Una dimostrazione plateale di incoscienza direi collettiva. Infatti, più la compagnia andava male e più i politici gonfiavano gli organici di raccomandati aumentando a dismisura le spese, quindi appesantendo i conti già rovinosi. Più le cose andavano male e più frequenti erano gli scioperi. Più le cose andavano male e più si cercava di inviperire gli utenti del servizio aereo.
Insomma, una vera e propria congiura finalizzata allo sfascio. Lo abbiamo scritto mille volte e lo ribadiamo: tre lustri fa Alitalia era tecnicamente fallita. Dirigenti seri e azionisti seri (il Tesoro anzitutto, visto che era il maggiore) sarebbero corsi in Tribunale a consegnare i libri. Nel caso specifico invece né i dirigenti né gli azionisti si sono comportati seriamente: per pigrizia, opportunismo, scarso senso dello Stato hanno trovato conveniente gestire alla carlona attingendo alle casse pubbliche per ripianare il deficit.
Era un periodo nel quale ci si illudeva che le vacche fossero grasse invece erano già state spolpate e in procinto di tirare le cuoia. Infatti le hanno tirate. A quel punto bisognava decidere: chiudere o vendere. Il personale però non ha mai creduto non esistesse una terza via: Alitalia è immortale perché appartiene in maggioranza al ministero del Tesoro e, come e sempre, provvederà il governo (ricorrendo alla fiscalità generale) a tappare i buchi.
Errore grave di valutazione. Chiudere o vendere: era una scelta imprescindibile. Parliamoci con franchezza, Presidente: aveva ragione Prodi a voler sbolognare la compagnia di bandiera a costo di regalarla ai francesi. Che poi non l’hanno voluta neanche gratis perché solo un pirla poteva accettare un dono gravato dalla tara sindacale italiana. E in effetti Air France è fuggita non sentendosela di dover trattare con personaggi quali Epifani, Bonanni e Angeletti.
Rimane il fatto che lei, ricevuta in eredità la patata bollente, ha preteso troppo da se stesso e ha offerto di occuparsene nella certezza di raffreddarla con la cordatina di Cai. Cavaliere, la capisco. In determinate situazioni ci si lascia andare all’ottimismo e si confida nella disperazione di chi, nella prospettiva della disoccupazione, dovrebbe essere disposto a qualsiasi sacrificio. Non ha calcolato che la banda, essendo stata ingovernabile per decenni, lo sarebbe stata ancora.
Ecco lo sbaglio. O lei lo riconosce e ripara oppure è destinato a precipitare a vite. Nel primo caso, chiami Colaninno e gli dica: abbiamo cannato, sciolga gli impegni e mandi tutti al diavolo. Si arrangino. Altro che sette anni di Cassa integrazione guadagni. Si facciano assumere da un’impresa privata, se riescono. Nel secondo caso si prepari ad affrontare lo scenario consequenziale. I piloti e non soltanto loro (cioè la gente che in questi giorni sta dando negli aeroporti uno spettacolo disgustoso) firmeranno il nuovo contratto con Alitalia due, ma subito dopo ricominceranno a scioperare per questo e quest’altro, come hanno fatto sistematicamente in passato. E si creeranno in fretta le medesime condizioni prefallimentari che avevano caratterizzato la vecchia gestione.
Vado giù piatto: in questo modo la consegna dei libri in Tribunale è solo rinviata, non scongiurata. E qui arrivo al motivo principale della mia lettera-supplica: la prego di agire prima di essere travolto dalla realtà dietro l’angolo. Si muova subito. Costringa la Cai a non insistere e ad abbassare la saracinesca immediatamente. Non commetta l’imprudenza di partire con Alitalia versione numero due. Finché il personale sarà lo stesso che ha ammazzato Alitalia numero uno mancheranno i presupposti per sopravvivere.
Presidente, la pianti di fidarsi di questa gente alla quale dell’azienda non frega un accidenti. Non si accorge che i piloti la sfottono? Puntano a farle fare una figuraccia. Il loro piano è semplice: dare inizio all’attività per lucrare sulla Cassa integrazione (sette anni di paga senza fare un cavolo attraggono chiunque), poi boicottarla secondo la consueta ricetta, scioperi agitazioni casini vari; infine obbligare lei a cedere fra le risate dei suoi detrattori.
Non si presti a finire in trappola come un pivello. Li spedisca tutti a casa dicendo agli italiani perché lo fa. Lo fa perché non sono affidabili, non amano il lavoro, non desiderano porsi al servizio dei cittadini ma vogliono essere riveriti estrapagati, riservandosi il diritto di fare il comodo loro.
Caro Berlusconi, la stanno intortando. Li cacci. Basta.
Caro Presidente, quello che hanno combinato e combinano i piloti lo sa meglio di me e non mi dilungherò in ulteriori pleonastiche descrizioni. Basti ricordare che Aquila selvaggia esordì una trentina di anni or sono con iniziative devastanti e da allora non ha più smesso di provocare danni irreparabili. Peggio. La categoria dei discoli volanti ha fatto cattiva scuola a tutto il personale della compagnia che ha imparato alla perfezione l’arte di esasperare i clienti e anche quella di uccidere le aziende. Nel caso di Alitalia il delitto è stato perfetto.
Mentre la società scricchiolava, e minacciava di schiantarsi, come poi è avvenuto, i signori dipendenti anziché darsi da fare per lavorare meglio e di più e salvare così la baracca insieme coi posti di lavoro, cosa facevano? Scioperavano accelerando i tempi dell’agonia. Una dimostrazione plateale di incoscienza direi collettiva. Infatti, più la compagnia andava male e più i politici gonfiavano gli organici di raccomandati aumentando a dismisura le spese, quindi appesantendo i conti già rovinosi. Più le cose andavano male e più frequenti erano gli scioperi. Più le cose andavano male e più si cercava di inviperire gli utenti del servizio aereo.
Insomma, una vera e propria congiura finalizzata allo sfascio. Lo abbiamo scritto mille volte e lo ribadiamo: tre lustri fa Alitalia era tecnicamente fallita. Dirigenti seri e azionisti seri (il Tesoro anzitutto, visto che era il maggiore) sarebbero corsi in Tribunale a consegnare i libri. Nel caso specifico invece né i dirigenti né gli azionisti si sono comportati seriamente: per pigrizia, opportunismo, scarso senso dello Stato hanno trovato conveniente gestire alla carlona attingendo alle casse pubbliche per ripianare il deficit.
Era un periodo nel quale ci si illudeva che le vacche fossero grasse invece erano già state spolpate e in procinto di tirare le cuoia. Infatti le hanno tirate. A quel punto bisognava decidere: chiudere o vendere. Il personale però non ha mai creduto non esistesse una terza via: Alitalia è immortale perché appartiene in maggioranza al ministero del Tesoro e, come e sempre, provvederà il governo (ricorrendo alla fiscalità generale) a tappare i buchi.
Errore grave di valutazione. Chiudere o vendere: era una scelta imprescindibile. Parliamoci con franchezza, Presidente: aveva ragione Prodi a voler sbolognare la compagnia di bandiera a costo di regalarla ai francesi. Che poi non l’hanno voluta neanche gratis perché solo un pirla poteva accettare un dono gravato dalla tara sindacale italiana. E in effetti Air France è fuggita non sentendosela di dover trattare con personaggi quali Epifani, Bonanni e Angeletti.
Rimane il fatto che lei, ricevuta in eredità la patata bollente, ha preteso troppo da se stesso e ha offerto di occuparsene nella certezza di raffreddarla con la cordatina di Cai. Cavaliere, la capisco. In determinate situazioni ci si lascia andare all’ottimismo e si confida nella disperazione di chi, nella prospettiva della disoccupazione, dovrebbe essere disposto a qualsiasi sacrificio. Non ha calcolato che la banda, essendo stata ingovernabile per decenni, lo sarebbe stata ancora.
Ecco lo sbaglio. O lei lo riconosce e ripara oppure è destinato a precipitare a vite. Nel primo caso, chiami Colaninno e gli dica: abbiamo cannato, sciolga gli impegni e mandi tutti al diavolo. Si arrangino. Altro che sette anni di Cassa integrazione guadagni. Si facciano assumere da un’impresa privata, se riescono. Nel secondo caso si prepari ad affrontare lo scenario consequenziale. I piloti e non soltanto loro (cioè la gente che in questi giorni sta dando negli aeroporti uno spettacolo disgustoso) firmeranno il nuovo contratto con Alitalia due, ma subito dopo ricominceranno a scioperare per questo e quest’altro, come hanno fatto sistematicamente in passato. E si creeranno in fretta le medesime condizioni prefallimentari che avevano caratterizzato la vecchia gestione.
Vado giù piatto: in questo modo la consegna dei libri in Tribunale è solo rinviata, non scongiurata. E qui arrivo al motivo principale della mia lettera-supplica: la prego di agire prima di essere travolto dalla realtà dietro l’angolo. Si muova subito. Costringa la Cai a non insistere e ad abbassare la saracinesca immediatamente. Non commetta l’imprudenza di partire con Alitalia versione numero due. Finché il personale sarà lo stesso che ha ammazzato Alitalia numero uno mancheranno i presupposti per sopravvivere.
Presidente, la pianti di fidarsi di questa gente alla quale dell’azienda non frega un accidenti. Non si accorge che i piloti la sfottono? Puntano a farle fare una figuraccia. Il loro piano è semplice: dare inizio all’attività per lucrare sulla Cassa integrazione (sette anni di paga senza fare un cavolo attraggono chiunque), poi boicottarla secondo la consueta ricetta, scioperi agitazioni casini vari; infine obbligare lei a cedere fra le risate dei suoi detrattori.
Non si presti a finire in trappola come un pivello. Li spedisca tutti a casa dicendo agli italiani perché lo fa. Lo fa perché non sono affidabili, non amano il lavoro, non desiderano porsi al servizio dei cittadini ma vogliono essere riveriti estrapagati, riservandosi il diritto di fare il comodo loro.
Caro Berlusconi, la stanno intortando. Li cacci. Basta.
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