Un articolo su “La Repubblica” questa mattina di Goffredo De Marchis titolava “Sempre in corsa Petruccioli e Calabrese, i1 Pd1 conferma Urbani e Petroni, l’Udc lancia De Laurentis. Si stringono i tempi per il Cda, spuntano Fabiani e Padellaro”. La casta al lavoro insomma. Il meteorologo del quotidiano sbagliava però le previsioni sul clima politico di oggi. Gustoso con senno di poi. Ah, si notino i meriti eccelsi citati di Padellaro.
Walter Veltroni vorrebbe proporre una «novità», uscire dal giro dei nomi circolati in questi mesi (Petruccioli e Calabrese) per la carica di presidente della Rai. Trasformata la clamorosa debàcle sulla Vigilanza in un risultato positivo con la scelta di Zavoli, il segretario del Pd ha cominciato a pensare agli assetti del Cda di Viale Mazzini, il cui numero uno spetta all’opposizione. L’accordo con la maggioranza però è necessario, lo dice la legge: servono infatti i due terzi della commissione per eleggere il presidente. Pd e Pdl si muovono con i piedi piombo. Soprattutto Veltroni che non deve rischiare un Villari-bis.
I nomi in lizza, quando era ancora in piedi la candidatura di Leoluca Orlando, erano quelli di Claudio Petruccioli (una conferma) e Pietro Calabrese (ex direttore del Messaggero e di Panorama, un breve passaggio nella tv di Stato), frutto di una vecchia intesa tra il braccio destro di Veltroni Goffredo Bettini e Gianni Letta che prevedeva anche lo sbarco di Stefano Parisi alla direzione generale.
Calabrese fu stoppato dall’opposizione interna di sponda diessina e dalle perplessità di Paolo Gentiloni, vero demiurgo delle cose Rai in casa democratica. Dentro Forza Italia aveva invece il placet del plenipotenziario Paolo Romani. Vista la delicatezza della materia si potrebbe ripartire da questa doppia scelta. Sennò, per un’alternativa, era già circolato il nome di Fabiano Fabiani, 78 anni, manager di Stato nato in Rai. Scontate sarebbero le critiche per il mancato rinnovamento generazionale ma non è detto che in questa fase l’esperienza non faccia premio su altre caratteristiche.
E destinata comunque a riaprirsi la partita dentro il Partito democratico. Gli ex popolari, l’area che fa capo a Dario Franceschini e Beppe Fioroni, non gradisce Calabrese, chiede segnali «di discontinuità» che coinvolgerebbero anche Nino Rizzo Nervo, attuale consigliere della Margherita, difeso daGentiloni. Se il Pd potrà esprimere un solo candidato questo toccherà agli ex Dl, se saranno due, perché Di Pietro non vuole entrare nel Cda, il diessino, a sorpresa, sarebbe l’ex direttore dell’Unità Antonio Padellaro. Che ha fatto lavorare Marco Travaglio al giornale fondato da Gramsci e spesso è stato attaccato per la linea dipietrista. Dunque coprirebbe anche quel fronte. L’Udc si interroga sulla conferma di Marco Staderini, ma ha in pista l’ex deputato Erminia Mazzoni e il favorito Rodolfo De Laurentiis, oggi impegnato nelle elezioni in Abruzzo, ma dal 30 quasi sicuramente disponibile (ha zero chance di vittoria). E il voto sul cda è previsto per il 3 dicembre, dopo i passaggi iniziali della nuova presidenza Zavoli.
Nella maggioranza si lavora ad alcune conferme. Per Forza Italia Giuliano Urbani e Angelo Petroni. Per An invece si fa il nome di Guglielmo Rositani in alternativa a Guido Paglia, oggi direttore delle relazioni esterne della Rai. Paglia a quel punto punterebbe alla vice-direzione generale. L’altro del Pdl, che ha diritto ad esprimere cinque consiglieri cioè a prendere la maggioranza del consiglio (il presidente è indicato dall’opposizione), sarebbe Alessio Gorla, uomo fidato di Silvio Berlusconi. Ma un’altra casella chiave è quella del direttore generale.
Parisi resta in pole position, da Viale Mazzini si sussurra anche il nome di Lorenza Lei, dirigente Rai da molti anni. E anche Clemente Mimun, oggi direttore del Tg5, sarebbe in corsa. Da qui, a cascata, comincerà il totonomine sui telegiornali, le reti. Giovanna Melandri, ministro ombra del Pd, si augura però che l’intesa con il Pdl riguardi più le strategie che le poltrone: «Dobbiamo scegliere tra la conservazione e un nuovo modo di fare servizio pubblico che passa anche per un dimagrimento della Rai ma rafforza il suo ruolo». Ecco, si parlerà anche di questo nelle prossime settimane?
Walter Veltroni vorrebbe proporre una «novità», uscire dal giro dei nomi circolati in questi mesi (Petruccioli e Calabrese) per la carica di presidente della Rai. Trasformata la clamorosa debàcle sulla Vigilanza in un risultato positivo con la scelta di Zavoli, il segretario del Pd ha cominciato a pensare agli assetti del Cda di Viale Mazzini, il cui numero uno spetta all’opposizione. L’accordo con la maggioranza però è necessario, lo dice la legge: servono infatti i due terzi della commissione per eleggere il presidente. Pd e Pdl si muovono con i piedi piombo. Soprattutto Veltroni che non deve rischiare un Villari-bis.
I nomi in lizza, quando era ancora in piedi la candidatura di Leoluca Orlando, erano quelli di Claudio Petruccioli (una conferma) e Pietro Calabrese (ex direttore del Messaggero e di Panorama, un breve passaggio nella tv di Stato), frutto di una vecchia intesa tra il braccio destro di Veltroni Goffredo Bettini e Gianni Letta che prevedeva anche lo sbarco di Stefano Parisi alla direzione generale.
Calabrese fu stoppato dall’opposizione interna di sponda diessina e dalle perplessità di Paolo Gentiloni, vero demiurgo delle cose Rai in casa democratica. Dentro Forza Italia aveva invece il placet del plenipotenziario Paolo Romani. Vista la delicatezza della materia si potrebbe ripartire da questa doppia scelta. Sennò, per un’alternativa, era già circolato il nome di Fabiano Fabiani, 78 anni, manager di Stato nato in Rai. Scontate sarebbero le critiche per il mancato rinnovamento generazionale ma non è detto che in questa fase l’esperienza non faccia premio su altre caratteristiche.
E destinata comunque a riaprirsi la partita dentro il Partito democratico. Gli ex popolari, l’area che fa capo a Dario Franceschini e Beppe Fioroni, non gradisce Calabrese, chiede segnali «di discontinuità» che coinvolgerebbero anche Nino Rizzo Nervo, attuale consigliere della Margherita, difeso daGentiloni. Se il Pd potrà esprimere un solo candidato questo toccherà agli ex Dl, se saranno due, perché Di Pietro non vuole entrare nel Cda, il diessino, a sorpresa, sarebbe l’ex direttore dell’Unità Antonio Padellaro. Che ha fatto lavorare Marco Travaglio al giornale fondato da Gramsci e spesso è stato attaccato per la linea dipietrista. Dunque coprirebbe anche quel fronte. L’Udc si interroga sulla conferma di Marco Staderini, ma ha in pista l’ex deputato Erminia Mazzoni e il favorito Rodolfo De Laurentiis, oggi impegnato nelle elezioni in Abruzzo, ma dal 30 quasi sicuramente disponibile (ha zero chance di vittoria). E il voto sul cda è previsto per il 3 dicembre, dopo i passaggi iniziali della nuova presidenza Zavoli.
Nella maggioranza si lavora ad alcune conferme. Per Forza Italia Giuliano Urbani e Angelo Petroni. Per An invece si fa il nome di Guglielmo Rositani in alternativa a Guido Paglia, oggi direttore delle relazioni esterne della Rai. Paglia a quel punto punterebbe alla vice-direzione generale. L’altro del Pdl, che ha diritto ad esprimere cinque consiglieri cioè a prendere la maggioranza del consiglio (il presidente è indicato dall’opposizione), sarebbe Alessio Gorla, uomo fidato di Silvio Berlusconi. Ma un’altra casella chiave è quella del direttore generale.
Parisi resta in pole position, da Viale Mazzini si sussurra anche il nome di Lorenza Lei, dirigente Rai da molti anni. E anche Clemente Mimun, oggi direttore del Tg5, sarebbe in corsa. Da qui, a cascata, comincerà il totonomine sui telegiornali, le reti. Giovanna Melandri, ministro ombra del Pd, si augura però che l’intesa con il Pdl riguardi più le strategie che le poltrone: «Dobbiamo scegliere tra la conservazione e un nuovo modo di fare servizio pubblico che passa anche per un dimagrimento della Rai ma rafforza il suo ruolo». Ecco, si parlerà anche di questo nelle prossime settimane?
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