Ieri l’agenzia di stampa AGI riportava la notizia che il ministro della Difesa Ignazio La Russa aveva deposto una corona d’alloro presso la Sinagoga di Roma alla lapide dei caduti della comunità ebraica nella prima guerra mondiale. Lo accompagnavano il presidente delle comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna ed il presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici. D’un certo interesse le parole di La Russa rilasciate ai cronisti: “Non c’è bisogno di tante parole, a volte gli atti parlano da soli. Non sapevo, come non sanno tantissimi romani, che all’interno della Sinagoga vi è una lapide che ricorda i caduti della prima guerra mondiale e che non è mai stata onorata da una visita ufficiale di un membro del Governo. Ho voluto rimediare a questa mancanza, e l’ho fatto in assoluta sincerità e con grande affetto e amore. Ho preso l’impegno di tornare il 25 aprile a deporre una corona d’alloro anche sulla lapide che ricorda gli ebrei partigiani caduti, in un’epoca diversa e assai più dolorosa per la comunità ebraica romana. Questo conferma che vi è assoluta riverenza, assoluto rispetto e assoluta dedizione nei confronti di chi diede la vita per avere una Patria libera e democratica” senza andare verso “una dittatura magari altrettanto o più feroce di quella fascista”.
Ai cronisti che gli chiedevano: “La visita ha anche una valenza politica?”, ha risposto: “È vero che gli esami non finiscono mai, ma non credo ce ne fosse bisogno di un altro. Credo che Gianfranco Fini sia uno dei migliori amici della comunità ebraica di Roma”.
Ho riportato l’informazione perché è una di quelle notizie che rimangono nelle pieghe dei giornali per lasciare spazio anche a minimalità insignificanti della sinistra.
Ai cronisti che gli chiedevano: “La visita ha anche una valenza politica?”, ha risposto: “È vero che gli esami non finiscono mai, ma non credo ce ne fosse bisogno di un altro. Credo che Gianfranco Fini sia uno dei migliori amici della comunità ebraica di Roma”.
Ho riportato l’informazione perché è una di quelle notizie che rimangono nelle pieghe dei giornali per lasciare spazio anche a minimalità insignificanti della sinistra.
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