Veltroni come il Cuper del Parma, l’allenatore chiamato al capezzale di una compagine morente da traghettare verso un futuro da serie A. È questa l’ultima “trovata” dei media vicini ai “prodiani democratici” per salvare la testa al Topo Gigio nazionale, per dirla alla Grillo. Non si possono dare tutte le colpe a Veltroni, dicono, è come un allenatore chiamato in corso d’opera a mettere una pezza ad una squadra che sta affogando. Che colpa gli si può attribuire, in fin dei conti? Un Pippo Baudo sul palco? Il loft ed un “caminetto”? Un sapore di montagna non da partigiano ma da jet set?
Eppure il paragone potrebbe anche reggere. “Ce la faremo, ne sono sicuro. Credo totalmente nel recupero del Parma”. Così Hector Raul Cuper si era presentato alla stampa, di prima mattina, nel giorno che lo portava sulla sua seconda panchina italiana. E aveva continuato: “Tutto ciò che non riguarda il Parma, ora, non mi interessa. Parlerò con la squadra, dialogherò con ogni singolo calciatore. Credo che innanzitutto bisognerà lavorare sulla testa: mi sembra che le gambe girino abbastanza bene. Se cambierò qualcosa? Penso di si, altrimenti non ci sarebbe stato motivo di chiamare un nuovo allenatore. Sono molto contento di avere avuto l’opportunità di tornare a lavorare in Italia”. Non sembra, cambiati i riferimenti, uno dei primi discorsi di Veltroni?
Ma che sia solo una nuova favola dei media contigui ai “prodiani democratici” è subito detto. Veltroni era sì un Cuper, ma il Cuper dell’Inter, chiamato a vincere tutto, non a salvare il salvabile. E come quel Cuper ha perso tutto. Una debacle colossale che è dura da digerire da parte degli interessi forti amici, ma soprattutto difficile da occultare. Tanto più che il “popolino” ha dimostrato di non essere quel gonzo o pollo con cui nel loft tra un lunch e un breefing con cocktail fra friends si pensava di avere a che fare.
Veltroni vuole rimanere? “Deve” rimanere? È cosa del Pd, un “partito” che ama il peggio: una super “trombata” a capogruppo al Senato, due “zombie” politici, Rutelli e Fassino, proposti per la vicepresidenza dei due rami del Parlamento. “La cavalcata dei morti viventi”, insomma: non c’è che dire, il Pd è il partito del cinema, sì, di periferia.
Eppure il paragone potrebbe anche reggere. “Ce la faremo, ne sono sicuro. Credo totalmente nel recupero del Parma”. Così Hector Raul Cuper si era presentato alla stampa, di prima mattina, nel giorno che lo portava sulla sua seconda panchina italiana. E aveva continuato: “Tutto ciò che non riguarda il Parma, ora, non mi interessa. Parlerò con la squadra, dialogherò con ogni singolo calciatore. Credo che innanzitutto bisognerà lavorare sulla testa: mi sembra che le gambe girino abbastanza bene. Se cambierò qualcosa? Penso di si, altrimenti non ci sarebbe stato motivo di chiamare un nuovo allenatore. Sono molto contento di avere avuto l’opportunità di tornare a lavorare in Italia”. Non sembra, cambiati i riferimenti, uno dei primi discorsi di Veltroni?
Ma che sia solo una nuova favola dei media contigui ai “prodiani democratici” è subito detto. Veltroni era sì un Cuper, ma il Cuper dell’Inter, chiamato a vincere tutto, non a salvare il salvabile. E come quel Cuper ha perso tutto. Una debacle colossale che è dura da digerire da parte degli interessi forti amici, ma soprattutto difficile da occultare. Tanto più che il “popolino” ha dimostrato di non essere quel gonzo o pollo con cui nel loft tra un lunch e un breefing con cocktail fra friends si pensava di avere a che fare.
Veltroni vuole rimanere? “Deve” rimanere? È cosa del Pd, un “partito” che ama il peggio: una super “trombata” a capogruppo al Senato, due “zombie” politici, Rutelli e Fassino, proposti per la vicepresidenza dei due rami del Parlamento. “La cavalcata dei morti viventi”, insomma: non c’è che dire, il Pd è il partito del cinema, sì, di periferia.
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