venerdì 31 ottobre 2008

Questo Pd malato di movimentismo

Itti Drioli ha intervistato Marco Follini per conto de "Il Giorno - Resto del Carlino - La Nazione". Il titolo dell'articolo è eloquente: "Follini: «Veltroni sbaglia»" ed il sottotitolo spiega: "Basta con Di Pietro. I cortei fanno male al riformismo".
Marco Follini, anche lei è tra quelli del Pd cui non piace il referendum antiGelmini? «Confesso, anch'io».
Non le piacciono i referendum, o questo in particolare? «Lo strumento referendario allude a un'idea un po' plebiscitaria, taglia i problemi con l'accetta, radicalizza. Noi dovremmo essere in prima fila a rivendicare virtù e fatica del lavoro parlamentare, così invece sembra che prendiamo una scorciatoia. E diamo l'idea di un'opposizione barricadera».
Veltroni pensa che la sua iniziativa eviterà di far degenerare la protesta. «Chi si mette alla coda di una protesta e la insegue difficilmente la riesce a tenere sotto controllo».
Io mi riferivo alla protesta degli studenti, lei pare che stia pensando alle proteste di Di Pietro. «L'idea di ammansire la tigre dipietrista sedendocisi sopra mi sembra ingenua. E arrischiata».
Ma che le pare di questo Veltroni? Sembrava aver rotto con Di Pietro solo una settimana fa.
«Temo siano gli effetti collaterali della manifestazione al Circo Massimo. Quando la piazza diventa l'evento politico principale, tutto il resto va di conseguenza».
E in questo Pd movimentista come si trova un moderato come lei? «Il compito del Pd era e resta un altro. Era quello di custodire e rinnovare la tradizione costituzionale del Paese. Di offrire agli elettori una proposta riformista capace di convincere anche una parte che aveva votato Berlusconi. Dubito che il combinato disposto della raccolta delle firme e dei cortei ci avvicini a questa gente».
Altri moderati del Pd la pensano diversamente. Credono che le famiglie penalizzate dalla riduzione dei maestri e dell'`orario apprezzeranno il referendum. «Ma io non dico che la difesa della scuola non sia una priorità. Lo è. Mi chiedo se sia più efficace farla in piazza o in Parlamento. Oltretutto se si raccolgono le firme e si vince il referendum questa legge sarà abrogata non prima del 2010. Di qui ad allora saranno successe molte altre cose».
Sul referendum di Veltroni si ritrovano tutti i partiti dell'ex Unione. È là che tornerete? «Ci eravamo fatti forti e belli per aver compiuto il percorso inverso, per esserci liberati dalla gabbia dell'Unione e presentati al giudizio degli elettori soli e liberi. Anzi, quasi soli e quasi liberi».
Quel «quasi» è stato un guaio? «Sì e posso dirlo ora perché lo avevo detto subito».
Il «quasi» riguarda Di Pietro, ma l'Unione comprende anche la sinistra radicale. «Infatti. Abbiamo già sbagliato con il "quasi". Sconsiglio di perseverare e di fare la strada a ritroso».
C'è il rischio che ciò accada? «C'è. Perché c'è chi vede il Pd come un partito movimentista e chi come una Sinistra canonica solo un po' più moderna del passato».
In entrambi i casi non mi pare ci sia spazio per lei. «Io ho un idea diversa, quella di un partito riformista. Ma se è un partito democratico, e il Pd lo è anche nel nome, si aprirà un dibattito. E quando si aprirà sono convinto che non sarò solo».
Dovrà aspettare il congresso, tra un anno. E intanto. «Intanto suggerisco di correggere una rotta che, se lasciata a se stessa, ci porterebbe fuori strada e lontano dalle ragioni per cui siamo nati.
Faccio appello al Veltroni di qualche mese fa, contro il Veltroni di oggi. Ma sottoscrivo anche le sue parole di una settimana fa, quando dichiarava che Di Pietro non conosceva l'alfabeto democratico».
E se Veltroni non l'ascolta o continua a ondeggiare? «Io esercito con pazienza la mia parte. Di più non posso fare».

Pericolosi buoni a nulla

Mario Giordano su "Il Giornale" di oggi non usa mezze parole titolando il suo pezzo "Il New Deal di Veltroni: Referendum truffa". Vediamo il suo commento:

C'era una volta la legge truffa. Adesso c'è il referendum truffa. Benvenuti nelle meraviglie del new deal veltroniano. Povero Walter: una volta imitava Kennedy, ora si è ridotto a fare il verso a Di Pietro. E non riuscendo ancora a eguagliarlo nella raccolta di strafalcioni, si accontenta di scimmiottarlo nella raccolta delle firme. Ma così facendosi tira dietro il riluttante partito in un'avventura che, di fatto, è già un film. La «Stangata».
Per rendersene conto basta ascoltarli. «L'obìettivo del referendum è ridurre i tagli» dice Veltroni. Bisogna rimediare ai tagli irrazionali., proclama l'inconsapevole Pina Ridens Picierno, l'ombra delle politiche giovanili. E l'ex ministro Fioroni si lancia in espressioni barricadiere che fanno a pugni con il suo pacioso grigiore: «Le famiglie toccheranno con mano gli effetti dei tagli. E arriveranno al referendum con la baionetta tra i denti e la bava alla bocca». La bava alla bocca? E il fuoco dalle narici, no? L'inganno è evidente: gli italiani verranno invitati a firmare per «evitare i tagli». Facile, no? Vuoi che la scuola di tuo figlio contribuisca al risanamento dei conti pubblici o preferisci che abbia fondi illimitati e magari palestre con spalliere placcate in oro? Quasi viene voglia di firmare anche a me. Ma in realtà il referendum non c'entra nulla con la questione economica, che è contenuta non nel decreto Gelmini ma nella Finanziaria di Tremonti.
Che non è (ed evidentemente non può essere) l'oggetto della consultazione popolare.
Dunque, il walter-bidone è chiaro. Anche perché Veltroni si atteggia a Marco Pannella, ma in realtà sembra Totò, quando vuol vendere la Fontana di Trevi ai turisti. Ha la stessa faccia tosta. Lancia la raccolta firme dicendo che così si abrogheranno i tagli e invece, al massimo, abrogherà il grembiulino. Questo, infatti, è il contenuto del decreto Gelmini, vero oggetto del referendum: maestro unico, voto in condotta, educazione civica. E appunto il grembiule. Spenderemo quindi milioni di euro per sapere se è giusto che gli scolaretti vestano la divisa col fiocco? Proprio così. Se volete firmate. Ma attenti che sotto non ci sia una cambiale.
Il raggiro democratico, d'altra parte, è l'inevitabile conclusione del caos organizzato con cui la sinistra ha mobilitato la piazza. Studenti liceali e studenti universitari hanno protestato per giorni e giorni chiedendo l'abrogazione del decreto Gelmini, fingendo di non sapere o non sapendo proprio che quel provvedimento non li sfiorerà minimamente. Li hanno imbrogliati. E siccome è venuta proprio bene, ora pensano di imbrogliare tutti gli italiani. Il prossimo passo che cosa sarà? Il referendum per l'abolizione della crisi internazionale? ll referendum per l'abrogazione dell'infelicità? Il referendum per il diritto a vincere il Superenalotto? La strada della patacca a democrazia diretta apre scenari inediti. E pericolosi. Walter, Pina e l'ex ministro con la bava alla bocca, si sa, sono buoni a nulla. Ma capaci di tutto.

Baroni bari e studenti polli

"I baroni barano sullo sciopero: non lavorano ma prendono i soldi" denuncia oggi "Il Giornale" con un articolo di Michele Brambilla. Ed il sottotitolo: "Il trucco dei docenti universitari? Sospendere le lezioni: così sono assenti però a stipendio pieno". Scrive il giornalista:
Chissà se gli studenti lo sanno: i professori universitari che si riempiono la bocca con la parola «sciopero» hanno inventato e praticano un geniale sciopero all'italiana, niente lavoro ma anche niente trattenuta in busta paga. Piazze piene ma anche tasche piene. Rivoluzione e retribuzione.
In poche parole: i baroni della rivolta contro i tagli scioperano
nei fatti, visto che non lavorano;
ma
formalmente non sono in sciopero, e quindi non ci rimettono un centesimo. Almeno in questo la classe docente si dimostra davvero all'altezza del suo compito, nel senso che dà prova di aver ancora qualcosa da insegnare al Paese del fatta la legge trovato l'inganno, del di che ti mando io e del lei non sa chi sono io, dei finti invalidi e dei gol di mano, del ponte del venerdì e della cefalea del lunedì.
Il meccanismo con cui viene messo a segno questo neanche troppo audace colpo dei soliti noti ve lo spieghiamo fra breve. Prima una piccola premessa, anzi due. La prima: ormai anche a sinistra più d'uno s'è sentito in dovere di avvertire gli studenti che c'è una casta universitaria che li sta prendendo per i fondelli, spingendoli in piazza per difendere i suoi privilegi. L'ha detto ad esempio Umberto Eco («Cari studenti state facendo una battaglia per i baroni») e ieri era scritto qua e là anche nei pezzi di Repubblica che c'è qualcosa di strano se le vittime manifestano a favore dei loro carnefici. A Roma, dove a volte usano un linguaggio un po' colorito ma di ineguagliabile efficacia, dicono che i baroni universitari in questi giorni stanno facendo i froci col culo degli altri, e vorremmo sapere che cosa si potrà aggiungere a queste parole quando si saprà che dopo tante lezioni rinviate causa sciopero lo stipendio dei professori resterà intatto. Che cosa diranno quegli operai di sinistra che sono andati al Circo Massimo anche per solidarizzare con i professori? Quegli operai che a ogni giorno di sciopero hanno dovuto rimodellare la «finanziaria» famigliare tagliando qua e là un po' di pizze e di gite della domenica? Che cosa diranno i precari da mille euro al mese? La seconda premessa è che anche in altre categorie vige il trucchetto dello sciopero senza danno economico. Tra noi giornalisti, ad esempio, c'è l'abitudine di segnarsi di «corta», cioè di riposo, nel giorno di sciopero. Però, se non perdi i soldi, perdi comunque un giorno di riposo, e non è detto che sia un affare. I prof dell'«Onda» invece - per questo parliamo di colpo di genio, di innovazione - hanno trovato il modo per non rimetterci nulla: né denaro né ferie o riposi. Ed ecco come fanno.
Fino a qualche anno fa, alcuni giorni dopo lo sciopero i professori ricevevano una lettera dall'amministrazione in cui si chiedeva conto della loro presenza o assenza. Bastava non rispondere e lo stipendio non veniva decurtato. Tanto, nelle università non c'era e non c'è alcun controllo delle presenze, né cartellini né registri da firmare. Ora è stato eliminato anche il fastidioso recapito dell'antipatica lettera, e quindi si procede così. Si procede con il Consiglio di facoltà che delibera la «sospensione dell'attività didattica». Naturalmente c'è tutta una motivazione: appreso che, considerato che, anche alla luce di, sentito questo e sentito quell'altro. Sta di fatto che viene stabilito che nei tali giorni la facoltà è chiusa. E quindi i professori sono lasciati in libertà. Sono a casa, Pagati.
Cari studenti, pensate un po' quando si dice la combinazione: ma proprio in concomitanza con i vostri scioperi, hanno sospeso l'attività didattica le facoltà di Lettere a Pisa e a Bologna, di Fisica alla Sapienza, il Politecnico di Torino, mentre a Genova s'è inventata l'«assemblea itinerante», i prof vanno in giro con gli studenti e naturalmente risultano in servizio.
Tutto questo sarebbe - anzi, è - una gigantesca truffa già in questi giorni, visto che la protesta degli studenti è contro il decreto Gelmini, che riguarda le elementari, e quindi non si capisce che senso abbiano le occupazioni delle università. ll sindacato spiega questa assurdità dicendo che le università comunque sciopereranno il 14 novembre, e all'appuntamento bisogna arrivarci preparati, insomma bisogna allenarsi prima con un po' di cortei, di assemblee, di slogan. Credete che stiamo facendo dell'ironia un tanto al chilo? «La protesta cresce ogni giorno come preparazione della giornata del 14 novembre», era scritto ieri sul sito ufficiale della Cgil scuola. Lo sciopero come una finale dì Champions: si studia la tattica, si provano gli schemi, si va in ritiro.
Ma siccome non c' è limite alla vergogna, ci si sta preparando a far passare per «sospensione dell'attività didattica» anche il giorno dello sciopero ufficialmente dedicato all'università. La Facoltà di Matematica e Scienze Naturali di Tor Vergata, ad esempio, ha fissato i giorni della «sospensione» il 29 e 30 ottobre e il 14 novembre.
Così, i professori che non lavoreranno quel giorno potranno dire agli studenti e all'inviato del giornale democratico di essere in sciopero; e all'amministrazione che se l'università è chiusa che caspita ci possono fare loro.
Ecco chi sono, cari studenti, quelli che vi usano come scudi umani. Ecco per cosa si battono. E il guaio non è che fregano qualche migliaio di euro alle casse dello Stato: il guaio è che a loro è affidata la formazione della futura classe dirigente.

Tra le ombre nella strada

Tra le cronache della giornata di ieri c'è una che eccelle nel riportare, mi si perdoni il termine, dei deliri raccolti da ombre "confuse tra la folla" come concretezza politica. È l'articolo di Giovanna Casadio su "Repubblica" di oggi. Lo riprendo volentieri qui nella sua interezza perché aiuta a capire anche chi ancora ha capito poco di tutta la vicenda, poco ha capito cosa c'entri tutto il casino fatto con alcune misure rétro. Forse è il caso che comunque sia dia una letta prima e una volta per tutte al decreto della Gelmini. Lo si trova in questo blog, qui. Qua e là nell'articolo della Casadio troverete delle note tra parentesi quadre, tranquilli sono mie.
In corteo i leader del centrosinistra. Alla spicciolata, confusi tra la folla [ci si dovrebbe però mettere d'accordo tra cronisti: non erano alla testa del corteo?]. E tutti chiedono al governo una retromarcia, di «ascoltare la protesta della società»[della società? questo mal vezzo di identificarsi con l'universo gli ex Ds proprio non lo perdono]. Ma la reazione del governo va nella direzione opposta. [nella direzione d'un Paese che a grande maggioranza gli ha affidato il compito di governare]
Il ministro dell`Interno, Roberto Maroni anzi, avvisa gli studenti che occupano: «Chi occupa le scuole abusivamente impedendo agli altri studenti di partecipare alle lezioni sarà denunciato alla magistratura».
Pugno di ferro, dunque.
[non è forse semplice difesa dei diritti degli altri? Anche gli altri, quelli che non gridano slogan hanno diritti... non si è mai pensato a questa possibilità? Bocciati in democrazia] Pur precisando che «finora il fenomeno delle occupazioni è stato contenuto in una fisiologica dimensione, la continuità didattica è stata garantita».
Dopo giorni di cortei, scontri e dopo lo sciopero nazionale di ieri, dal Viminale arriva l'annuncio della linea dura. Sminuita inoltre la manifestazione: «Sento parlare di un milione di persone in piazza. C`è il vezzo di moltiplicare per dieci le cifre reali, anche se centomila persone non sono poche», sono i conti di Maroni
[Perché sminuita? semplicemente riportata nei suoi numeri reali. Anche la matematica democratica s'è inventata Veltroni!]. Berlusconi poi, è lontanissimo dalla linea del dialogo. Contrattacca: «La manifestazione? Ancora una volta è emersa la scandalosa capacità della sinistra di mentire su cose di buonsenso, di dire il contrario della verità».
Il muro contro muro continua. E se la riforma Gelmini è blindata, la via per Walter Veltroni, per Di Pietro e per la sinistra antagonista (Sd, Prc, Pdci, Verdi) è quella del referendum abrogativo. La legge insomma, è da smantellare. Il segretario del Pd, tra i primi ad arrivare al corteo
[che bravo! così non rischia di confondersi con gli altri], saluta i leader sindacali, i manifestanti che gli si fanno attorno e lo applaudono: «Il governo dovrebbe avere il desiderio di ascoltare la protesta che viene da una parte importante della società e dal mondo della scuola. Non trasformi questo momento in un fatto politico [dimentico evidentemente di trovarsi lì in testa al corteo]. La riforma contiene solo tagli al cuore del paese». Sulle firme per il referendum, annuncia: i Democratici sono «pronti» a raccoglierle. Come del resto, Antonio Di Pietro. I due, Walter e Tonino, si incontrano in piazza e si stringono la mano tra i flash dei fotografi e gli inviti della gente: «Uniti». Di Pietro alza i toni e parla di «regime»: «Questo sulla scuola è un altro tassello verso un viaggio che porta prima o poi alla dittatura». [del proletariato!]
In piazza c'è Rosy Bindi: per lei un bagno di folla. «Signora Bindi, è sempre con noi», la salutano un gruppo di insegnanti e la leader piddì scandisce con i manifestanti: «Referendum, referendum» [che grande momento]. Poco più avanti, sfila Paolo Ferrero il segretario di Rifondazione, distante dai compagni Nichi Vendola, Franco Giordano e Fausto Bertinotti [paura di contagio?]. Bertinotti parla di «risveglio», della possibilità di una «formidabile opposizione sociale» [sempre iperbolico il subcomandante dei salotti]. Come Diliberto (Pdci). E Fabio Mussi (Sd), l'ex ministro dell'Università usa un paragone efficace: «Riforma della scuola? E come se per fare la riforma della tv, Berlusconi cominciasse a trasmettere in bianco e nero» [arguto, una puntata a Zelig se l'è prenotata].
Beppe Fioroni, che è stato il predecessore della Gelmini all`Istruzione, è durissimo: «Gelmini e Tremonti escano dal bunker dei "no". La gente arriverà al referendum con la baionetta tra i denti e la bava alla bocca»
[capisco che tra pochi giorni è il 4 novembre ed il ricordo dei nostri gloriosi fanti può evocare. Però... lo vogliamo dire alla gente che il referendum è una bufala, una delle tante di cui è maestro il Pd?].
L'articolo è accompagnato in coda da una sorta di mini-album di protagonisti con tanto di fotografie:
Tiziano Arboretti e Mariella Cantagalli sono entrambi di Teramo, ma Tiziano studia Storia Moderna a Firenze. Per mantenersi fa ricerche di mercato sugli autobus, ama i libri, vorrebbe fare il giornalista, e afferma che i tagli all'università sono uno scempio perché senza cultura non può esserci democrazia [mi sa anche con la dominante cultura di sinistra attuale... ops! questa m'è sfuggita proprio]. Daniele Palermo ha 18 anni, viene dal liceo Fermi di Cosenza, ha una faccia bella e uno sguardo ottimista sulla vita. "La Calabria è una terra difficile, molti di noi forse saranno costretti ad andarsene, ma i nostri prof sono bravi e preparati, ditelo alla Gelmini, quando insulta gli insegnanti del Sud..." [questa Gelmini, ed io che la facevo una brava ragazza...]. Maria Teresa Carbonara ha 26 anni, è di Adelfia, Bari. Insegnante di sostegno precaria, guadagna 1200 euro al mese. "Con questi tagli non ho più speranza di lavorare, ai bimbi con problemi non ci pensa più nessuno, e dire che l'integrazione dei disabili era uno dei fiori all'occhiello della nostra scuola" [hanno detto o no che il numero degli insegnanti di sostegno non cambia, non diminuisce... uffa, siamo sordi? vuoi vedere che ci vuole il sostegno anche per gli insegnanti di sostegno]. Si sono messi il casco che usano durante gli scavi in Italia e all'estero, ma sul loro futuro di archeologi più che scommettere, sorridono. Alessandra Guari, Serena Rasori e Antonio Manna, studenti de La Sapienza, sintetizzano così: "Studiamo tanto, abbiamo voti alti ma finiremo in un call center. È giusto?" [direi di no, ma ognuno si costruisce la propria strada come meglio crede, e guardate, anche se fuori piove, in questo il governo non è ladro. Perché non rivolgere la domanda ai baroni che li mandano in piazza?]. Roberta, Gianluca e Pietro Gambardella, arrivano da Venturina, Toscana. Roberta è insegnante alla scuola elementare di Riotorto, piccola ma vivacissima realtà. "Speriamo che le iscrizioni non calino altrimenti ci chiudono... Pensate che alla scuola di Sassetta i carabinieri sono entrati in classe a contare i bambini" [certo, è proprio una questione di cultura, radicata, quella del vivere di sussidi]. Nosa Otubu è nigeriano, ha 20 anni, da 5 è a Roma, e fa l`ultimo anno di istituto Nautico. "Mia madre lavorava qui e io avevo il sogno dell'Italia. Per studiare la sera vendo panini. Vengo da un paese dove quando ci sono i cortei i militari sparano... Qui c'è la democrazia, perché i politici non ascoltano la gente?" [speriamo che non t'ascoltino: sparare sui cortei... no, proprio no!]

Le mani di Veltroni nella marmellata scuola

"Il Pd e la piazza. Il segretario alla testa del corteo. E ora Veltroni teme un «nuovo G8»" è un articolo di Lina Palmerini pubblicato oggi da "Il Sole 24 Ore". L'articolo dà molte indicazioni sulla strategia sfascista degli ex Ds e ventila la possibilità che avvenga un nuovo tentativo di sgambetto al governo come quello non riuscito un dì a Genova. A proposito non è ancora ben chiaro perché gli ex Ds allora, passato da poco il testimone a Berlusconi, evitassero di andare ad una manifestazione nella città ligure che avrebbe dovuto essere colorita e gioiosa come fecero invece i dirigenti di Rifondazione. Le note tra parentesi quadre nel testo sono mie.
Ancora una volta in piazza. Walter Veltroni torna a sfilare in corteo allo sciopero generale sulla scuola, il giorno dopo aver lanciato il referendum per abrogare la legge Gelmini. Raggiunge Guglielmo Epifani alla testa della manifestazione insieme a Beppe Fioroni [ma come? non avevano detto che partecipava "confuso" tra la folla?], stringe la mano ad Antonio Di Pietro - con cui ritrova una sintonia sia sulla scommessa referendaria che sulle elezioni in Abruzzo - saluta Paolo Ferrero. «Sono qui perché la scuola è il cuore delle scelte fondamentali di un Paese mentre il Governo fa solo tagli. Dunque, per me esserci è naturale».
La battaglia sulla scuola è un fronte che il segretario non vuole mollare e questo spiega la ragione del rilancio sul referendum abrogativo. Un segnale più politico che reale per due ragioni: la prima è che le materie finanziarie non possono essere oggetto di quesito referendario e, quindi, i tagli contro cui punta l`indice il Pd rimarranno comunque; la seconda è che il referendum si svolgerebbe nel 2010, un tempo biblico per le battaglie politiche. L`offensiva veltroniana va dunque letta più come una sponda politica offerta al movimento di protesta e al mondo della scuola che non un'arma effettiva per disfare la legge Gelmini. E sono proprio le debolezze dello strumento referendario - in particolare, l'impossibilità di sottoporre a quesito i tagli finanziari - le ragioni delle perplessità di Massimo D'Alema che comunque fa sapere di essere a fianco di Veltroni
[tanto non si paga dazio].
La confezione giuridica del referendum è stata affidata a Salvatore Vassallo che sta studiando come colpire i due simboli più contestati della riforma: creazione di fondazioni e maestro unico. Ed è lui che racconta: «Nel quesito si devono selezionare gli elementi che non abbiano implicazioni finanziarie ma che identifichino i punti di maggiore contrarietà all'approccio che la
[sic] Pdl ha avuto sulla riforma. I punti più indiziati, al momento, riguardano fondazioni [che comunque non sono nel decreto Gelmini] e maestro unico».
C'è però un'altra preoccupazione del Pd, e, cioè, la piega che le proteste stanno assumendo sotto il profilo dell'ordine pubblico. La convinzione che ci siano infiltrati nel movimento e che gli scontri a Piazza Navona siano stati pilotati mette in allarme il partito. Pd e Idv hanno presentato un'interrogazione sui fatti di mercoledì e Marco Minniti assicura: «Vigileremo».
C'è la preoccupazione che il Governo trasformi la protesta in una sorta di G-8, allarme che è cresciuto dopo le dichiarazioni di Silvio Berlusconi e poi del ministro Roberto Maroni. «L'idea di trasformare tutto questo in qualcosa che può essere identificato politicamente è un grande errore di valutazione del Governo», ha risposto ieri ai cronisti il segretario del Pd. Ma Veltroni si schiera dalla parte di polizia e carabinieri: «Da parte mia sentirete sempre parole di sostegno alle forze dell'ordine. Può darsi - ammette - che in quella giornata qualcosa non abbia funzionato ma, in generale, gli agenti, fanno un lavoro per poche centinaia di euro e meritano il nostro rispetto». Attacca invece i protagonisti dello scontro: «Preoccupa che ci sia stata un'aggressione così violenta, da parte di persone ben identificate e, diciamo così, non nuove».

Il dibattito sull'informativa del governo [3]

Terza ed ultima parte del resoconto stenografico del dibattito seguito all'informativa del governo sui fatti di Piazza Navona. In questa parte l'intervento di Ignazio Messina dell'Italia dei Valori, di certo il più "stonato". Lascio comunque ogni altro commento al lettore attento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.
IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, innanzitutto esprimo, a nome del gruppo Italia dei Valori, totale condanna per i gesti di violenza che si sono verificati a piazza Navona e che nulla hanno a che fare con la contestazione e con il sacrosanto diritto che gli studenti, gli insegnanti e i genitori italiani stanno esercitando per contestare un provvedimento del Governo, ossia la riforma della scuola. Credo che in ogni Paese civile questo diritto debba essere esercitato e garantito. Esprimiamo piena solidarietà anche alle forze dell'ordine che, per la strada, sono poste a tutela dell'incolumità dei cittadini.
Fatta questa premessa, però, ho seguito con grande attenzione la ricostruzione del sottosegretario. Ci saremmo aspettati un intervento più corretto, che risolvesse il problema frontalmente e facesse capire ciò che a piazza Navona è accaduto e, soprattutto, con serietà ed onestà, ciò che a piazza Navona non ha funzionato. Non è assolvendo tutti, infatti, che si risolvono i problemi, ma coloro i quali sono responsabili vanno certamente puniti e condannati. Questo è fondamentale.
Il sottosegretario ha affermato che le forze di polizia, in abiti civili, non sono state impegnate, per evitare di acuire la tensione. Ma, scusatemi, c'è stato uno scontro di soggetti armati di caschi e bastoni, che sono stati presi da un pulmino che si è introdotto serenamente e tranquillamente in una piazza dove si svolgeva una manifestazione e dove anche i turisti non potevano accedere, perché venivano bloccati per la manifestazione: è entrato un pulmino, perché, come il sottosegretario ha affermato nel suo intervento, è usuale che i pulmini che portano l'amplificazione possano tranquillamente entrare nelle piazze. Ma siamo seri: il pulmino chiuso conteneva al suo interno - lo ha affermato il sottosegretario, che non ha potuto fare altro che ammetterlo - i bastoni e le armi che poi sono stati utilizzati. Un controllo, quindi, doveva essere fatto e, dal momento che esso non è stato effettuato preventivamente, certamente un intervento doveva esserci, anziché guardare dall'esterno lo scontro (c'erano tavoli e sedie che volavano: i video, da questo punto di vista, attestano chiaramente ciò che accaduto). Credo che ciò meriti una profonda riflessione.
Vede, signor sottosegretario, noi vogliamo tutelare l'operato delle forze dell'ordine. D'altronde, solo l'Italia dei Valori è stato il partito che ha cercato di far in modo che i provvedimenti finanziari del Governo stanziassero di nuovo le risorse per le forze dell'ordine, perché, a fronte di proclami su città sicure, dall'altra parte questo Governo ha tolto i fondi alle forze di polizia.
Siamo stati noi a chiedere di reintrodurli, anche se, purtroppo, questa attenzione il Governo non ce l'ha avuta. Possiamo dire che le forze dell'ordine hanno fatto il proprio dovere e vanno tutelate, ma dobbiamo anche dire chi erano i responsabili.
Tra l'altro, signor sottosegretario, quello che è più grave è che stiamo vivendo una sorta di deja vu; stiamo vedendo un film già visto, perché il 23 ottobre un politico italiano, tanto autorevole quanto irresponsabile - non so quanto l'uno e quanto l'altro - ha esattamente riportato ciò che sarebbe accaduto, consigliando al Ministro dell'interno in carica quello che doveva fare in caso di manifestazione.
È scritto sui giornali: c'è una dichiarazione del 23 ottobre, quindi è pubblica. Sta accadendo esattamente questo. Alla fine, c'è uno scontro di soggetti che, con la manifestazione degli studenti, non c'entrano niente. Lo ha detto e confermato lei che c'era uno studente di 37 anni. Sarà un po' fuori corso, ma a 37 anni che c'entra.
In effetti, erano gruppi di facinorosi pilotati da casa, a tavolino, che hanno portato scompiglio, mettendo a repentaglio l'incolumità pubblica. Questo è quello che è accaduto a piazza Navona e ora sta proseguendo, perché, a fronte di tutto questo, se si legge un articolo di giornale, la dichiarazione di oggi del Ministro Maroni non fa altro che dire la stessa cosa, e cioè la linea dura come conseguenza.
NITTO FRANCESCO PALMA, Sottosegretario di Stato per l'interno. Non è vero!
IGNAZIO MESSINA. Mi avvio alle conclusioni: credo che ciò che è accaduto a piazza Navona sia un fatto gravissimo, che va condannato, ma vanno condannati certamente, con molta forza, coloro i quali hanno commesso questi reati.
Però, signor sottosegretario, proprio per rispetto alle forze di polizia, per i poliziotti, che per mille euro stanno per le strade a tutelare la nostra incolumità, vanno anche ricercate le responsabilità operative e politiche di quello che è accaduto a piazza Navona.
Chi mi ha preceduto della Lega Nord Padania si chiedeva a chi giova tutto ciò. Certamente questi disordini di piazza Navona non giovano all'opposizione, ma al Governo, perché lo legittimano a tutelare una riforma della scuola che, invece, il Paese non intende condividere (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Il dibattito sull'informativa del governo [2]

Seconda parte del resoconto stenografico del dibattito seguito all'informativa del governo sui fatti di Piazza Navona. In questa parte gli interventi di Massimo Bitonci della Lega Nord Padania e Mario Tassone dell'Unione di centro. Lascio ogni commento al lettore attento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.
MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio per il suo esaustivo intervento. La realtà è che quello che è successo due giorni fa in piazza Navona non ha minimamente a che fare con la riforma Gelmini. Quattro poliziotti feriti, decine di ragazzi contusi, due ragazzi arrestati, quattro denunciati, ventuno identificati e poi rilasciati: un bilancio da guerriglia urbana, non da pacifica manifestazione studentesca su un decreto che, a dire la verità, ha inciso sulla scuola elementare con il maestro unico, che ha finalmente inserito il voto di condotta alle medie e alle superiori, che ha imposto l'educazione civica in tutti gli ordini di scuola, con lo studio della Costituzione repubblicana e degli statuti regionali, ma che poco o niente ha a che fare con quegli esaltati che si sono riversati in piazza Navona e che hanno dato sfogo alla loro violenza gratuita. Perché di violenza gratuita e organizzata si è trattato, non di manifestazione pacifica.
Quello che dobbiamo chiederci allora, interrogando il Ministro, non è perché sono stati elusi i controlli, ma a chi giova questo clima di scontro, a chi serve cavalcare la protesta studentesca, a chi serve confondere i temi politici, esasperando i temi di confronto. Cosa c'entrano il grembiule in classe e la necessità di razionalizzare la spesa scolastica con i cori da stadio, con le violenti offese al Ministro Gelmini, con i lanci di sedie, di bottiglie e di posacenere? Perché questi ragazzotti non se la sono presa con la vera piaga della scuola e dell'università che sono gli stessi professori, gli stessi presidi, i baroni universitari che affollano le nostre università; baroni strapagati, che lavorano alcune ore alla settimana, che risultano inamovibili e non lasciano spazio ai giovani ricercatori che vanno a fare ricerca all'estero; professori che insegnano nei corsi universitari con pochi studenti, con improbabili sedi secondarie che servono solo ad investire risorse pubbliche per garantire pochi eletti; università pubbliche dove il rettore e i professori insegnano casualmente assieme ai figli, alle mogli e ai parenti più stretti.
Allora, perché la protesta non si rivolge verso di loro? Perché gli studenti, vere vittime di una scuola pubblica che non funziona, sfilano in piazza per difendere lo status quo che garantisce non loro, ma solo sprechi e nepotismi? La risposta sta nella convenienza politica del centrosinistra e del sindacato che vuole cavalcare la contestazione, avvelenare la protesta, riappropriarsi del populismo più becero, sfruttando il particolare e delicato periodo di crisi economica in cui versa la nostra nazione nel contesto internazionale.
Quanto tempo è passato, erano anni e anni, che non si vedevano scontri tra studenti di destra e di sinistra; sembrava di essere tornati indietro di quarant'anni. Per fortuna che le ideologie del tempo sono andate perse nella notte dei tempi, anche se questi scontri sono un segnale di allarme. Stiamo attenti ad evocare i tempi passati, autunni caldi di contestazioni ad oltranza. Chi accende il fuoco non sa se poi riuscirà a controllarlo. Attenti, cari amici del centrosinistra e dipietristi, a sollecitare l'odio, a illudere gli studenti, a provocare la violenza, a sfidare il Governo in una commedia senza senso.
Attenti a strizzare l'occhio alle ideologie, ad evocare regimi fascisti e cambogiani di altri tempi: è una grave offesa verso chi si è veramente battuto e ha pagato con la vita per guadagnare la libertà della propria gente. La scuola, l'università è già una tragedia documentata che ha bisogno di altro,
di professori preparati, attenti alle sfide del futuro, di corsi di insegnamento e di lauree più vicine al mondo del lavoro e dell'impresa, meno ideologia e più pragmatismo.
Grazie al sottosegretario e al Ministro Maroni per la fermezza nel dichiarare che si farà rispettare il diritto sacrosanto di chi vuole studiare. Grazie per il contributo delle forze dell'ordine che hanno fatto sì che questi episodi non si tramutassero in tragedia; grazie per l'abnegazione nello svolgere il loro dovere e nel far rispettare le regole: esse dovrebbero essere da esempio per questi ragazzi e non, come spesso è accaduto, oggetto di scherno, provocazione, insulti e linciaggi mediatici.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Tassone.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione non soltanto gli interventi dei colleghi, ma anche la ricostruzione che ci ha rassegnato questa mattina il sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Palma.
Già ieri avevo affermato che queste occasioni dovrebbero essere colte nel significato più profondo e più vero per tentare di dare delle risposte e, quindi, per evitare che il tutto possa tradursi in un rituale certamente inutile e insoddisfacente. Ci troviamo di fronte ad un'ennesima manifestazione studentesca che, per alcuni versi, fa ricordare epoche antiche e, soprattutto, vecchie manifestazioni (ovviamente non scevre da violenza), che si ripropone oggi in occasione dell'approvazione da parte del Senato del provvedimento che porta il nome del Ministro dell'istruzione, e che ha portato a processi degenerativi.
Riguardo al provvedimento sulla scuola noi abbiamo assunto un atteggiamento anche critico, con qualche preoccupazione e qualche venatura di insofferenza rispetto ai risultati che in esso venivano evidenziati, atteggiamento che è stato comunque di grande preoccupazione e legato ad una grande responsabilità.
Non voglio parlare della scuola, ma dare atto alle forze dell'ordine del lavoro svolto ed esprimere la mia preoccupazione per gli interventi che ho ascoltato questa mattina, per il tentativo di giustificare le violenze avvenute davanti al Senato che hanno il sapore antico di un vecchio retaggio di ideologie e che, certamente, non favoriscono questo Paese nel trovare un suo riferimento, una sua dimensione ma, soprattutto, un suo percorso che rafforzi la democrazia.
Se, in questa occasione, diciamo le cose tanto per recitare un copione, certamente non credo che ciò possa aiutare, in questo momento, il Paese a trovare degli obiettivi ed a raggiungere dei traguardi di civiltà: le strumentalizzazioni non ci aiutano a dare all'Italia dignità e forza per poter perscrutare con grande forza e disinvoltura anche il futuro. C'è stato uno sforzo di strumentalizzare i bambini e i ragazzi nelle scuole. Si può essere d'accordo con il Ministro così come si può non esserlo (io, ad esempio, non ero d'accordo con Berlinguer quando era in quest'Aula, ma non per questo usavo parole violente nei confronti del Ministro della pubblica istruzione del tempo), ma strumentalizzare tutto, oppure indicare soltanto un Ministro, un Governo o una maggioranza come la causa di tutti i mali, certamente è una cultura che crea un clima molto preoccupante fatto di tensione, ma anche di provocatori. Perché c'è una task force, cari colleghi, signor Presidente, signor sottosegretario, che si muove prontamente all'occorrenza: c'è violenza negli stadi, allora c'è quella task force; c'è un G7, allora c'è quella task force; c'è la manifestazione per una squadra, allora c'è una task force. C'è un sindacato che - vivaddio! - in questi giorni sta rompendo l'unità sindacale, soprattutto, c'è anche qualcuno che propone il referendum sulla scuola, anche se credo che non ci porterà da nessuna parte.
Ritengo che dobbiamo riflettere con estrema serenità e, in questo momento, chiedere, soprattutto al Presidente della Camera dei deputati, che vi sia uno sforzo da parte del Parlamento e del Governo per capire e per comprendere. Per chi ricorda le vicende del 1976 e del 1978, ma prima ancora quelle del 1968, qualche preoccupazione c'è...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO TASSONE. Concludo, signor Presidente. Soprattutto, devo chiedere al sottosegretario per l'Interno - perciò sono intervenuto - che tutto ciò venga ad essere inquadrato in uno sforzo di prevenzione e di comprensione, perché altrimenti ci raccontiamo i fatti. Abbiamo visto studenti di 37 anni che con la scuola non avevano nulla a che fare e abbiamo assistito a vicende e storie che con la scuola - vedendo i manifestanti - non avevano nulla a che fare. Ci sono stati, ovviamente, i soliti contusi tra le forze dell'ordine e feriti e contusi fra gli scioperanti.
Se questo Parlamento si vuole ritrovare unito in questa dimensione, va bene, altrimenti vi è chi giustifica e chi non giustifica. Io non giustifico la violenza, ma giustifico certamente le proteste civili e l'adempimento e, soprattutto, l'esercizio di un diritto democratico costituzionalmente garantito. Su tutto questo, però, dobbiamo essere d'accordo, altrimenti cadiamo nelle piccolezze tra maggioranza e opposizione. Signor Presidente, signor sottosegretario, io appartengo all'opposizione, ma a un'opposizione che pensa, perché, al di là dell'opposizione, vi sono gli interessi del Paese, che vanno al di là dei colori politici e delle collocazioni politiche in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

Il dibattito sull'informativa del governo [1]

Riporto il resoconto stenografico del dibattito seguito all'informativa del governo sui fatti di Piazza Navona. In questa prima parte gli interventi di Jole Santelli del PdL e Walter Verini del Pd. Lascio ogni commento al lettore attento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la tempestiva informativa, anche perché la ricostruzione minuziosa degli avvenimenti a piazza Navona (che alcuni di noi hanno anche potuto vedere dalle riprese televisive, anche complete in alcuni casi), spazzano via tutta una serie di interpretazioni e di illazioni che sono state fatte nei momenti successivi agli scontri. Credo che la ricostruzione - che ormai, per quanto abbiamo potuto vedere, è abbastanza chiara - possa sgombrare finalmente il campo oggi da polemiche inutili.
Qualsiasi manifestazione di piazza viene accompagnata, inevitabilmente, da momenti di tensione o, per lo meno, dalla preoccupazione di momenti di tensione; quando si tratta di ragazzi che vanno in piazza la preoccupazione cresce maggiormente, ovviamente anche per la loro incolumità.
Credo che in questa fase le forze politiche rappresentate in Parlamento abbiano grandi doveri istituzionali da rispettare. Il primo è quello di condannare unanimemente la violenza e i violenti a chiunque appartengano, senza strizzare gli occhi con simpatia particolare o cedere alla tentazione di provare una umana simpatia verso chi rappresenta le proprie opinioni. La violenza va in ogni caso condannata, soprattutto perché, condannando i violenti, si dà un maggiore peso e sottolineatura a chi, al contrario, protesta civilmente.
Il secondo dovere, se impariamo qualcosa dalla storia di questo Paese, è che almeno le forze parlamentari evitino di trascinare le forze dell'ordine in una polemica tutta e solo politica, attraverso tentativi di utilizzarle come capro espiatorio di una situazione (purtroppo ne abbiamo sentite troppe e, grazie a Dio, non da esponenti di questo Parlamento, ma da fuori) e di intorbidire l'aria, attribuendo particolari funzioni o missioni alle forze dell'ordine.
In coerenza con quanto troppo spesso diciamo in queste aule, il rispetto nei confronti degli appartenenti alle forze dell'ordine e di questa istituzione ci devono portare ad avere fiducia nelle stesse, indipendentemente dal Governo pro tempore. D'altronde, grazie a Dio, con il sistema dell'alternanza, ciascuno sta nei banchi del Governo e nei banchi dell'opposizione e ciascuno di noi sa che la cosa più difficile sarebbe guidare o indirizzare in qualche modo le forze di polizia.
Tutte le manifestazioni sono state accompagnate dalla preoccupazione, espressa da molti esponenti, che le forze dell'ordine evitassero «interventi» che potessero essere sentiti dai manifestanti come provocatori. Siamo consapevoli che, in una manifestazione così massiccia, qualsiasi intervento di dimensioni massicce avrebbe potuto costituire una miccia per accendere disordini ulteriori.
Riteniamo, da quello che si vede, che il comportamento delle forze dell'ordine è stato assolutamente indirizzato verso il mantenimento e il contenimento degli incidenti. Lo ribadisco: credo che in questo momento storico vi sia bisogno di responsabilità e mi auguro che da questa Aula oggi esca una parola chiara, da parte di tutti, di condanna dei violenti e anche di fiducia e gratitudine nei confronti delle forze dell'ordine.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.
WALTER VERINI. Signor Presidente, a nostro parere, l'informativa che il sottosegretario ha dato alla Camera non è adeguata alle esigenze, alla gravità dei fatti accaduti l'altro ieri a piazza Navona e alla gravità di ciò che sta succedendo in questo Paese.
I quotidiani e i mezzi di informazione hanno documentato quanto è avvenuto l'altro ieri nel centro di Roma davanti al Senato, non assediato, ma presidiato democraticamente da tanti studenti: decine di teppisti - così si debbono definire -, appartenenti alla sigla di estrema destra Blocco studentesco, hanno aggredito, armati di mazze, bastoni e altri oggetti contundenti, dei ragazzini poco più che adolescenti, scesi pacificamente in piazza per protestare con le sole armi della democrazia e della non violenza contro i provvedimenti del Governo, che colpiscono la scuola italiana.
Questi sono i fatti, documentati anche da testimoni e dalle cronache, che hanno raccontato come ci sia stata anche una reazione aggressiva da parte di gruppi e di persone - non di studenti, che manifestavano pacificamente - appartenenti all'area dell'antagonismo di sinistra.
Per questo credo che occorrano risposte e ricostruzioni più convincenti. È doveroso dare ricostruzioni più convincenti di quelle da lei fornite al Parlamento.
Questi bastoni e questi oggetti contundenti sono stati prelevati da un camioncino introdotto a piazza Navona.
Sono state poste domande di questo tipo: c'è stata una sottovalutazione della potenzialità aggressiva di questa area e di questo gruppo chiaramente ispirato all'apologia del fascismo? È una domanda legittima. E ancora: si poteva prevenire, si poteva intervenire prima? A questi interrogativi, che attengono alla possibilità e all'agibilità democratica in questo Paese, si debbono dare davvero delle risposte, che non sono ancora state date completamente.
Comunque valutiamo molto positivamente che ci sia in corso un'inchiesta da parte della procura della Repubblica, che siamo fiduciosi possa al più presto portare a provvedimenti esemplari nei confronti di questi responsabili. Tale provocazione avrebbe potuto - e in parte è avvenuto, come si è visto - innescare un clima di ritorsione e di conseguenze anche drammatiche. È un clima buio, che può assomigliare a quello degli anni Settanta, dove l'odio e la violenza la facevano da padrone e dove, per il solo fatto di pensarla diversamente, dei giovani venivano aggrediti fino alle estreme conseguenze.
Si tratta di un clima che pensavamo di esserci lasciati alle spalle. Non può essere a nessuno consentito di ricreare tale clima. Su questo ci saremmo attesi e attenderemmo non esibizioni muscolari da parte del Governo, ma un impegno rigoroso a tutelare la libertà costituzionale di manifestare democraticamente il dissenso, così come è avvenuto in queste settimane.
L'onorevole Santelli parla di rischi insiti nelle manifestazioni. Non so, onorevole Santelli, quali manifestazione lei frequenti. Quello che so è che in questa città lo scorso 25 ottobre e ieri si sono svolte due grandi manifestazioni...
JOLE SANTELLI. Erano di partito!
WALTER VERINI. ...due straordinarie manifestazioni che hanno riguardato centinaia e centinaia di migliaia di persone che sono sfilate democraticamente, serenamente e pacificamente per esprimere la propria contrarietà ai provvedimenti del Governo contro la scuola italiana e le proprie proposte positive di innovazione e di riforma della scuola stessa.
Tra l'altro, di grandissimo valore noi consideriamo le condanne inequivocabili pronunciate dalla Rete degli studenti e dall'Unione degli studenti contro ogni forma di provocazione. Non è in discussione la difesa delle forze di polizia e della sicurezza. Sappiamo che le forze dell'ordine e della sicurezza in questo Paese svolgono sul campo un compito in condizioni difficili per prevenire e reprimere la criminalità e per tutelare la sicurezza delle città e dei cittadini.
Noi del Partito Democratico siamo particolarmente vicini a tutti i lavoratori delle forze dell'ordine e della sicurezza...
PRESIDENTE. Onorevole Verini, la prego di concludere.
WALTER VERINI. ...anche quando queste - sto concludendo, signor Presidente - vengono colpite nella propria possibilità di esercitare il proprio lavoro dai tagli alle risorse e ai mezzi per lavorare.
Credo, più in generale - e davvero sto chiudendo - che l'impegno che noi chiediamo a questo Governo è quello di garantire la libertà di manifestare e di non colpire una speranza: quei giovani, quegli insegnanti, quei precari di tutte le scuole e le università non sono violenti, ma sono persone che lottano per il futuro, non solo di se stessi ma anche di questo Paese, anche della scuola che è un cardine del futuro. Su questo il Governo sbaglia a non ascoltare la voce dell'Italia, a chiudersi nel bunker, ad avere con colpi di decreto ostacolato ogni confronto in questo Parlamento e ogni possibilità di migliorare. Credo che la grande mobilitazione di questi giorni debba servire a far riflettere, perché quelle manifestazioni sono una garanzia per questo nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

Il governo sui tafferugli in Piazza Navona

Questa mattina alla Camera dei Deputati il sottosegretario per l'interno, Nitto Francesco Palma, ha letto l'informativa urgente del Governo sugli incidenti verificatisi a Roma, in piazza Navona, il 29 ottobre 2008. Quanto segue è lo stenografico dell'esposizione del sottosegretario.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sugli incidenti verificatisi a Roma, in piazza Navona, il 29 ottobre 2008.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
Ha facoltà di parlare il sottosegretario per l'interno, Nitto Francesco Palma.
NITTO FRANCESCO PALMA, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, preliminarmente desidero ringraziare per l'opportunità datami di ricostruire, in modo dettagliato, gli avvenimenti accaduti nella giornata del 29 ottobre a Roma, in piazza Navona.
Come è noto, nella stessa giornata, l'Aula del Senato ha convertito in legge il cosiddetto decreto Gelmini. Tale approvazione ha suscitato proteste di appartenenti al mondo della scuola. In particolare, a Roma, attorno alle ore 9, in piazza Navona, dinanzi all'ingresso del Senato alla Repubblica, sono convenute circa 6 mila persone, per lo più delle scuole medie superiori e dell'università «La Sapienza» di Roma, nonché un centinaio di aderenti ai Cobas della scuola, che avevano regolarmente preavvisato un presidio. Preciso che le altre persone sono convenute spontaneamente e cioè senza che fosse stato presentato alcun regolare preavviso all'autorità di pubblica sicurezza.
Scopo dichiarato dell'iniziativa, come pubblicamente detto con slogan e megafoni la sera precedente, era quello di assediare il Senato, dove ci sarebbe stata la votazione del cosiddetto decreto Gelmini. La forza pubblica, pertanto, è stata disposta a tutela della citata sede istituzionale per garantire il regolare svolgimento dei lavori dell'Assemblea.
In particolare, un presidio di polizia, interessava, oltre alla corsia agonale, anche le due estremità di corso Rinascimento e le due piccole strade che collegano il corso con piazza Navona. Ciò si è reso necessario anche perché, nei giorni precedenti, si erano registrati tentativi di aggiramento degli sbarramenti, per avvicinarsi all'entrata del Senato.
Tra gli studenti convenuti in piazza Navona erano presenti anche un centinaio di ragazzi di Blocco studentesco, partecipanti alla manifestazione spontanea, arrivati tra gli altri studenti con un camioncino che si è posizionato nei pressi della corsia agonale, dove vi era un altro camion munito di altoparlanti che scandivano slogan contro l'attuale Governo e il Ministro della pubblica istruzione.
Il mezzo degli studenti di Blocco studentesco è quindi arrivato in piazza durante l'afflusso dei partecipanti all'iniziativa. Ricordo che è usuale che, durante le manifestazioni, i mezzi per l'amplificazione raggiungano piazza Navona.
Tornando alla ricostruzione degli eventi, intorno alle 11, si sono verificati momenti di tensione tra gli studenti di Blocco studentesco e altri di diversa fazione politica, che si lanciavano reciproche accuse di aggressione. Infatti, gli studenti di Blocco studentesco asserivano di essere stati circondati e fronteggiati per essere estromessi dalla manifestazione, mentre i giovani di estrema sinistra lamentavano un'aggressione ad un ragazzo, che sarebbe stato colpito alla testa da una cinghiata.
Risulta che all'ospedale Santo Spirito di Roma sono stati soccorsi un esponente della Sinistra Antagonista di 37 anni e un giovane di 25 anni, giudicati guaribili rispettivamente in dieci e sette giorni. I due hanno genericamente riferito di avere subito un'aggressione da parte di appartenenti a Blocco studentesco e hanno rifiutato di sporgere denuncia. Ad oggi, non risultano presentate altre denunce o querele per questo episodio.
Altri momenti di tensione si sono verificati più tardi, quando gli studenti, per lo più delle scuole superiori, si sono fronteggiati. In questa fase l'interposizione di personale di polizia in abiti civili ha evitato possibili tafferugli. Sottolineo che in questo frangente il personale di polizia non ha udito cori apologetici del fascismo, ma slogan contrapposti.
L'atteggiamento dei partecipanti alle proteste, che più volte hanno scandito slogan critici contro le forze dell'ordine, ha indotto a non impiegare direttamente queste ultime a piazza Navona, tra i numerosissimi e giovanissimi manifestanti, per evitare di acuire ulteriormente la tensione. Preciso che dopo queste tensioni, ridimensionate dell'intervento di polizia, molti studenti hanno iniziato ad allontanarsi da piazza Navona, in parte intenzionati a rientrare all'università, in parte, soprattutto gli studenti medi, a terminare la protesta.
Anche il gruppo di Blocco studentesco, raggruppato intorno al camioncino, e più volte invitato ad allontanarsi dalla piazza da parte della polizia, aveva iniziato lo spostamento, portandosi, sempre all'interno di piazza Navona, dallo spazio antistante corsia Agonale sino allo sbocco a piazza delle Cinque Lune, con l'intenzione di uscire, di raggiungere il lungotevere e da qui recarsi al Ministero della pubblica istruzione. Solo quando è giunto all'altezza di piazza delle Cinque Lune il gruppo ha deciso di fermarsi e, nonostante le ripetute sollecitazioni di personale di polizia, non ha abbandonato la piazza dove, comunque, erano ancora presenti altri studenti, circa 4 mila.
Nel frattempo, come è noto, da corso Vittorio, attraverso via della Cuccagna, sono giunte in piazza Navona circa 400-500 persone appartenenti ai Collettivi universitari e alla Sinistra antagonista, che si sono unite agli altri studenti. Questi 400-500 individui, però, alcuni dei quali indossanti caschi da motociclista, invece di attestarsi nella piazza a manifestare, si sono fatti largo tra i ragazzi e arrivati alla fine di piazza Navona, all'altezza di piazza delle Cinque Lune, si sono dapprima schierati, urlando slogan contro i fascisti, e poi hanno iniziato un fitto lancio di oggetti, tra cui sedie, tavolini, bottiglie e bicchieri reperiti dai bar sulla piazza.
Alcuni aderenti a Blocco studentesco, in numero molto minore, si sono schierati e hanno preso dei bastoni dal camioncino, dove evidentemente erano occultati. Altri sono fuggiti in piazza delle Cinque Lune, mentre gli aderenti ai Collettivi universitari sono avanzati venendo a contatto. L'intervento delle forze dell'ordine, confluite in piazza Navona da corso Rinascimento, ha separato i contendenti.
Ricordo che nella circostanza il dispositivo di ordine pubblico ha previsto l'impiego di 334 appartenenti alle forze dell'ordine, di cui 200 della Polizia di Stato, 104 carabinieri e 30 appartenenti alla Guardia di finanza.
Informo che sono state arrestate due persone, un uomo di 34 anni che ha dichiarato di essere un dipendente del partito della Rifondazione Comunista e un ragazzo di 19, appartenente al gruppo del Blocco studentesco, che ha asserito di passare per caso nel luogo degli incidenti e di essere uno studente universitario. Nella giornata di ieri i loro arresti sono stati convalidati dall'autorità giudiziaria, che ne ha poi disposto la remissione in libertà, fissando l'udienza del processo a loro carico il 17 novembre prossimo venturo. Sono in corso indagini per accertare le responsabilità degli altri partecipanti agli scontri.
Soggiungo che, sempre ieri, è stato diffuso in rete un filmato degli scontri, che indica un giovane con in mano un bastone tra gli elementi di destra, successivamente ripreso a bordo di un mezzo della Polizia, avanzandosi il sospetto che lo stesso fosse un infiltrato della Polizia. In realtà, lo stesso è un giovane di Blocco studentesco, fermato e accompagnato in questura, dove è stato identificato e rilasciato. La sua posizione è tuttora al vaglio degli inquirenti.
Signor presidente, onorevoli colleghi, in conclusione desidero sottolineare che dalla oggettiva ricostruzione dei fatti emerge come, anche in questa circostanza, l'operato delle forze dell'ordine sia stato ispirato a criteri di equilibrio e di prudenza, cercando di contemperare, da un lato, i diritti costituzionalmente garantiti di riunione e di libera espressione del pensiero e, dall'altro, quelli, ugualmente riconosciuti, della tutela della sicurezza e della pubblica e privata incolumità.

Statistiche da Minculpop

Nei giorni scorsi c’è stata un’ampia passerella dei sostenitori che la matematica sia mera opinione. Altrettanta convinzione trapela anche dai media riguardo alla statistica, che evidentemente scienza proprio non la si ritiene trattandola come una sorta di oracolo astrologico di qualche cartomante, come si vedrà poco più in giù. La causa forse sta nella consapevolezza delle proprie [dei media e dei politici] manipolazioni dei dati statistici usati come sfere di cristallo per leggervi ciò che più fa comodo.
Ma che “statistica” è mai quella, dunque, letta in una AdnKronos ieri sera: «“Oltre il 60% degli studenti ha partecipato ad almeno una delle manifestazioni di questi ultimi due giorni”. È quanto afferma “skuola.net”, la community web di riferimento per gli studenti delle scuole superiori di tutta Italia nata nel 2000 dall'idea di tre liceali romani, in base alle rilevazioni sulle visite del portale tra il 29 e il 30 ottobre e che “hanno registrato una flessione media del 62,7% rispetto alla settimana precedente”». Parrebbe non a caso che il dominio del sito sia scritto con la “k”. Kattivi studi, kattiva politika. Di chi? Del sito? O il tragico piuttosto è l’avallo del giornalista che non si rende conto di diffondere una “stronzata” – diffondere perché il titolo diceva: “Scuola: skuola.net, 2 studenti su 3 hanno partecipato alle manifestazioni”. Una gratuita generalizzazione a tutto l’universo studentesco che dimostra una volta di più la strisciante povertà intellettuale, prodotto di cui s’incolpa proprio la scuola. Diciamo che 2 su 3 degli studenti che visitano il portale erano in piazza: si può anche concederlo, sebbene anche qui – circa il conteggio delle visite - valga il discorso dei due tizi e della gallina mangiata al 50% anche da quello che non l’ha mangiata. Ma niente di più, con buona pace di sinistri gongolamenti.

L'America a rischio Obama

Ripeto, non mi entusiasma così tanto l’attuale corsa per la Casa Bianca e le regioni almeno un paio di volte le ho indicate. Certo non mi sentirò orfano del presidente Cespuglio, di Bush. Ciò non significa che non butti l’occhio anche su quella vicenda che terminerà il giorno che, per uno strano scherzo del calendario, qui in Italia è il giorno in cui si festeggiano le forze armate nel ricordo d’una lontana vittoria che fu l’inizio di una storia che il nostro Paese, se avesse potuto scegliere, avrebbe negato. E buttando l’occhio di qua e buttandolo di là, mi sono reso conto che in molta parte dei costruttori dell’opinione pubblica nostrani c’è una sorta di velata isteria dovuta alla paura che anche il Veltroni americano non c’è la faccia nonostante il grosso aiuto – com’è stato del resto per Veltroni – di influenti organi della carta stampata e delle televisioni.
E dunque capita di leggere notizie come questa, che riprendo da un’agenzia di ieri, che per quanto squallide tradiscono la paura di aver puntato su un altro Kennedy destinato al sacrificio. “Un cappio di forca su un cartello per Barack Obama in un giardino di una cittadina della Florida. Il simbolo dell’odio ed il terrorismo razzista del Ku Klux Klan è stato trovato dalla famiglia democratica che aveva messo il cartello a sostegno del candidato afroamericano”. Dopo i nazisti in abito bianco e cilindro eccone dunque un’altra. La notizia è stata riportata dal “Sentinel” di Orlando, che è un giornale, non certo il New York Times o il Washington Post - un altro segno questo di una spasmodica ricerca, che si riscontra tra gli operatori dei media, di ogni piccola scheggia che può aiutare a costruire il puzzle della vittoria, almeno nella mente propria e dei propri lettori, di Obama. Anche se con occhio neutro uno potrebbe dentro di sé a fronte di notizie di attentati e minacce meditare se valga la pena di votare un candidato dal possibile mandato breve, e valutare se vale di più il vice o il candidato dell’altra sponda. Sto ovviamente scherzando. Lo sceriffo della contea di Orlando John Herrell, rispondendo alle preoccupazioni di chi vede nel gesto un segno della presenza di gruppi di suprematisti bianchi nella zona ha detto: "Mettere un cappio su un cartello non costituisce un crimine". Già, è arte moderna.

Alla fine leggiamolo il decreto Gelmini, per favore!

Un vecchio adagio recita: “La legge non ammette ignoranza”. Opinabile, certo, in un paese dalle migliaia di leggi – anche se ogni tanto c’è qualcuno che cerca di diminuire il mucchio, Calderoli oggi. Ma incomprensibile il fatto che si riesca a giocare politicamente sull’ignoranza tanto da portare in piazza una folla bellante non si sa che anche se si sa il perché. Ignoranza di una sola legge, quella usata come clava, grimaldello dell’antidemocrazia democratica. Me ne sono reso ampiamente conto dai discorsi che vengono fatti dai dimostranti intervistati, non si sa se oculatamente scelti o allo sbaraglio per il poco pudore della loro non scienza. Ma anche da un commento ad uno dei post, quello sul “clistere libico” di Cossiga. E, dunque, ho deciso di riportare qui il testo del bene/maledetto decreto Gelmini, anche se comporta un post chilometrico, per dare la possibilità ai pigri di leggerselo una volta per tutte e di confrontarlo con quante assurdità vengono ancora e ancora dette. Leggiamolo attentamente: è il solo modo neutro per smascherare l’inganno della piazza. Dico inganno e strumentalizzazione papale papale perché le norme che si vogliono contestare ora con lo sbandierato referendum fanno parte non del testo che segue ma sono parte del complesso della finanziaria, legge per la quale notoriamente non è ammissibile un referendum abrogativo. Forse per certi versi sarebbe il caso di scollarsi da dosso la sbornia di falso progressismo e di aprire gli occhi per delineare i contorni di chi ci spinge in strada.

DECRETO-LEGGE 1 settembre 2008 , n. 137
Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di attivare percorsi di istruzione di insegnamenti relativi alla cultura della legalità ed al rispetto dei principi costituzionali, disciplinare le attività connesse alla valutazione complessiva del comportamento degli studenti nell'ambito della comunità scolastica, reintrodurre la valutazione con voto numerico del rendimento scolastico degli studenti, adeguare la normativa regolamentare all'introduzione dell'insegnante unico nella scuola primaria, prolungare i tempi di utilizzazione dei libri di testo adottati, ripristinare il valore abilitante dell'esame finale del corso di laurea in scienze della formazione primaria e semplificare e razionalizzare le procedure di accesso alle scuole di specializzazione medica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 agosto 2008;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e l'innovazione;
E m a n a
il seguente decreto-legge:
Art. 1.
Cittadinanza e Costituzione

1. A decorrere dall'inizio dell'anno scolastico 2008/2009, oltre ad una sperimentazione nazionale, ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, sono attivate
azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all'acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze e delle competenze relative a «Cittadinanza e
Costituzione», nell'ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse. Iniziative analoghe sono avviate nella scuola dell'infanzia.
2. All'attuazione del presente articolo si provvede entro i limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Art. 2.
Valutazione del comportamento degli studenti

1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, e successive modificazioni, in materia di diritti, doveri e sistema disciplinare degli studenti
nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, in sede di scrutinio intermedio e finale viene valutato il comportamento di ogni studente durante tutto il periodo di permanenza nella sede
scolastica, anche in relazione alla partecipazione alle attività ed agli interventi educativi realizzati dalle istituzioni scolastiche anche fuori della propria sede.
2. A decorrere dall'anno scolastico 2008/2009, la valutazione del comportamento è espressa in decimi.
3. La votazione sul comportamento degli studenti, attribuita collegialmente dal consiglio di classe, concorre alla valutazione complessiva dello studente e determina, se inferiore a sei decimi, la
non ammissione al successivo anno di corso o all'esame conclusivo del ciclo. Ferma l'applicazione della presente disposizione dall'inizio dell'anno scolastico di cui al comma 2, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono specificati i criteri per correlare la particolare e oggettiva gravità del comportamento al voto insufficiente, nonché eventuali modalità
applicative del presente articolo.
Art. 3.
Valutazione del rendimento scolastico degli studenti

1. Dall'anno scolastico 2008/2009, nella scuola primaria la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite è espressa in
decimi ed illustrata con giudizio analitico sul livello globale di maturazione raggiunto dall'alunno.
2. Dall'anno scolastico 2008/2009, nella scuola secondaria di primo grado la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite è
espressa in decimi.
3. Sono ammessi alla classe successiva, ovvero all'esame di Stato a conclusione del ciclo, gli studenti che hanno ottenuto un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline.
4. L'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, è abrogato e all'articolo 177 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 2, 5, 6 e 7, sono abrogati;
b) al comma 3, dopo le parole: «Per la valutazione» sono inserite le seguenti: «, espressa in decimi,»;
c) al comma 4, le parole: «giudizi analitici e la valutazione sul» sono sostituite dalle seguenti: «voti conseguiti e il»;
d) l'applicazione dei commi 1 e 8 dello stesso articolo 177 resta sospesa fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 5;
e) è altresì abrogata ogni altra disposizione incompatibile con la valutazione del rendimento scolastico mediante l'attribuzione di voto numerico espresso in decimi.
5. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si provvede al coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli studenti e sono stabilite eventuali ulteriori modalità applicative del presente articolo.
Art. 4.
Insegnante unico nella scuola primaria
1. Nell'ambito degli obiettivi di contenimento di cui all'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nei regolamenti
di cui al relativo comma 4 e' ulteriormente previsto che le istituzioni scolastiche costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali. Nei regolamenti si tiene comunque conto delle esigenze, correlate alla domanda delle famiglie, di una più ampia articolazione del tempo-scuola.
2. Con apposita sequenza contrattuale e a valere sulle risorse di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.
133, è definito il trattamento economico dovuto per le ore di insegnamento aggiuntive rispetto all'orario d'obbligo di insegnamento stabilito dalle vigenti disposizioni contrattuali.
Art. 5.
Adozione dei libri di testo

1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 15 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i competenti organi scolastici
adottano libri di testo in relazione ai quali l'editore si sia impegnato a mantenere invariato il contenuto nel quinquennio, salvo le appendici di aggiornamento eventualmente necessarie da rendere separatamente disponibili. Salva la ricorrenza di specifiche e motivate esigenze, l'adozione dei libri di testo avviene con cadenza quinquennale, a valere per il successivo quinquennio. Il dirigente scolastico vigila affinché le delibere del collegio dei docenti concernenti l'adozione dei libri di testo siano assunte nel rispetto delle disposizioni vigenti.
Art. 6.
Valore abilitante della laurea in scienze della formazione primaria

1. L'esame di laurea sostenuto a conclusione dei corsi in scienze della formazione primaria istituiti a norma dell'articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, comprensivo della valutazione delle attività di tirocinio previste dal relativo percorso formativo, ha valore di esame di Stato e abilita all'insegnamento, rispettivamente, nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche a coloro che hanno sostenuto l'esame di laurea conclusivo dei corsi in scienze della formazione primaria nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e la data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 7.
Sostituzione dell'articolo 2, comma 433, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

1. Il comma 433 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è sostituito dal seguente:
«433. Al concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione mediche, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, e successive modificazioni, possono partecipare tutti i laureati in
medicina e chirurgia. I laureati di cui al primo periodo, che superino il concorso ivi previsto, sono ammessi alle scuole di specializzazione a condizione che conseguano l'abilitazione per
l'esercizio dell'attività professionale, ove non ancora posseduta, entro la data di inizio delle attività didattiche di dette scuole immediatamente successiva al concorso espletato.».
Art. 8.
Norme finali
1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 1° settembre 2008.

Processo per direttissima per i fatti di Piazza Navona

Prima di andare a dormire annoto per i nottambuli che passano di qua l'AdnKronos che riferisce l'esito delle indagini di polizia sugli scontri in piazza Navona a Roma.
Arresti convalidati e rimessione in liberta, senza alcun obbligo per i due arrestati ieri [mercoledì] nei pressi di Piazza Navona in occasione degli scontri tra giovani. Sono Yassir Goretz, di 33 anni, responsabile della sicurezza per Rifondazione comunista e Michele Bauml, di 19 anni, studente di destra e saranno processati per direttissima il 17 novembre prossimo dal giudice monocratico Valerio De Gioia. Il giudice non ha accolto la richiesta del pubblico ministero Patrizia Ciccarese, che aveva chiesto di imporre ai due l'obbligo di recarsi quotidianamente a firmare il registro dei sorvegliati presso i posti di polizia.
Goretz, che risponde di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, ha respinto oggi [giovedì] l'accusa dicendo di essere intervenuto dopo essere stato chiamato dalle Forze dell'ordine in considerazione del suo ruolo all'interno di Rifondazione. Quanto a Bauml, anch'egli ha respinto l'accusa affermando che stava nel corteo di destra senza tuttavia partecipare ad atti di violenza.
Per aver partecipato agli scontri una quindicina di persone sono inoltre indagate per porto abusivo d'armi improprie e resistenza a pubblico ufficiale.

Cossiga e la fonte della giovinezza

Di questi tempi non passa giorno che il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga non ci regali qualche gustosa e ironica esternazione o qualche irriverente intervento sui media. "Il Giornale" di oggi, o meglio di ieri vista l'ora, pubblica un articolo di Gianni Pennacchi che ne fa un intrigante ritratto cominciando col descrivere il suo gioioso compiacimento "togli età", «Fantastico, mi insultano come ai bei tempi», per l'accoglienza che gli hanno riservato ieri, l'altro ieri vista l'ora, i giovani intrincerati davanti Palazzo Madama. In più l'articolo ci racconta altri retroscena del dibattito in Senato che il resoconto stenografico ripreso in un post precedente non raccontava. Vediamolo:
Il regalo più bello e gratificante gli è venuto dal gruppazzo di studentelli accampato sul portone di Palazzo Madama a protestare contro il decreto Gelmini. «Buuu! Buuu!» gli han gridato fischiandolo, «Cossiga boia, Cossiga boia!». Sì, come ai bei tempi del Kossiga con la K e le due S alla nazista, quando lui era ministro degli Interni e quelli non erano ancora nati, pure mamma e papà erano ragazzini. Una bomba di gerovital per il presidente emerito, che si è eretto nell'imponenza di un tempo sorridendo a quegli sbarbatelli quasi ringraziandoli. Del resto, già in aula annunciando il suo voto favorevole al provvedimento sulla scuola, contro i baroni, allegro e irridente aveva sfidato i banchi dell'opposizione colpevole di aver tralignato dalla tradizione del «glorioso Pci», che invece applaudiva quando lui faceva picchiare, «a sangue», gli studenti che avevano cacciato la Cgil dall'università.
Povera sinistra, che se non ci fosse ancora il picconatore a frantumarle il gesso si prenderebbe sul serio, sempre a cavallo di tigri di carta. Sorridevano placidi ieri mattina, i senatori del Pd in attesa del voto definitivo sul decreto Gelmini, quando Francesco Cossiga, penultimo iscritto per la dichiarazione di voto, ha preso la parola.
Era ironico e bonario, l'ex presidente, muoveva a simpatia mentre ringraziava «gli organizzatori e i partecipanti delle oceaniche manifestazioni di questi giorni, dai baroni universitari alle responsabili mamme dei bambini innocenti portati in piazza ad urlare slogan di cui essi non comprendevano nulla. Avrei capito se avessi sentito i bambini gridare "merendine, merendine!", non "assunzioni!"...» E come si fa con l'anziano nonnino, annuivano compiacenti mentre lui, assaporando già il bis che avrebbe colto all'uscita, ammetteva: «Per me è stata una botta di vita sentire echeggiare slogan che temevo ormai desueti, sapere che esisto e che qualcuno si ricorda di me urlando "Cossiga boia", "Cossiga assassino" e "Cossiga piduista"».
Nicchiavano pazienti, non sapendo che il "nonnetto" stava per mollare una sberla da trauma cranico. Anche perché il primo colpo è volato a destra e ai dipietristi, Cossiga annunciava il suo sì anche sperando che «cessi questo inizio di movimentismo che vede pericolosamente uniti i giovani di sinistra con i giovani dell'estrema destra: i giovani di An devono acquistare punti per la futura elezione del loro leader alla presidenza della Repubblica, e meno male che questi ragazzi hanno rifiutato la solidarietà del fascista Antonio Di Pietro; ogni secolo ha il suo fascismo, e il fascismo di oggi in Italia si chiama "Italia dei disvalori" o partito delle "forche e manette"...» Poi, improvvisa e bruciante, la mazzata a sinistra.
Ricordate il movimento del '77 e gli «indiani metropolitani»? Nella solennità dell'aula del Senato, Cossiga ha spiattellato quel che tutti sanno ma non si può dire: «Ai tempi della Cgil di Lama ci mettemmo d'accordo così: prima gli studenti li picchiavano quelli del servizio d'ordine della Cgil, poi toccava alle forze dell'ordine. Sono stato il ministro dell'Interno di tre governi di solidarietà nazionale, Ma erano i tempi di Berlinguer, non di Walter Veltroni, di Natta e non di Franco Marini. Erano i tempi del glorioso Partito Comunista». Come punti dalla tarantola han preso a rumoreggiare, Antonello Cabras e altri gli urlavano «basta, basta!», Gianrico Carofiglio e Silvana Amati gridavano «tempo, tempo!», ma Schifani s'è ben guardato da spegnergli il microfono perché «Cossiga ha avuto delle interruzioni e quindi ha diritto di parlare ancora». I senatori del Pdl ridevano invece e applaudivano, rintuzzando le proteste del Pd; «per anni avete galleggiato con i senatori a vita, ora lasciatelo parlare!»; rinfacciava Mario Baldassari. Lui, imperturbabile e implacabile, è andato ancor più di piccone: «Erano i tempi del glorioso Partito comunista; quando Luciano Lama venne cacciato dall'università, il gruppo del Pci si alzò in piedi ad applaudirlo; e io venni applaudito perché avevo fatto picchiare a sangue gli studenti che avevano contestato Luciano Lama».
Sembrava che non gli dispiacesse affatto di scatenare una zuffa. Gli eredi del Pci gli urlavano di tutto e di più, e lui: «Torniamo alle scazzottate in aula, come ai miei tempi? Un pugno da Pajetta io l'ho preso, durante un dibattito sul Vietnam», e guardando la Finocchiaro ha proseguito sorridendo: «Un pugno dal capogruppo del Pd io lo gradirei: Pajetta però era più cattivo, non so se lei sappia fare a pugni...».

giovedì 30 ottobre 2008

L'infantilismo democratico di Veltroni

"Il punto" di Stefano Folli oggi su "Il Sole 24 Ore" titolava "L'errore del referendum: incita la piazza, sfiducia le Camere" e evidenziava il caos mentale e di prospettiva politica che caratterizza la prassi del Partito democratico in questa fase ancora infantile del suo sviluppo, oltre ha puntualizzare correttamente tutta una serie di aspetti riguardanti le chiassate sulla scuola. Utile per trovare punti di partenza per una riflessione complessiva, come del resto fa intuire il sottotitolo: "Quali, strategie dopo il via alla legge e gli scontri di Roma. Dubbi sulla mossa Pd".
La città di Roma ha vissuto ieri una giornata inquietante. Intorno a Palazzo Madama, a Piazza Navona e nelle vie adiacenti sembrava d'essere tornati ad anni lontani. Gli studenti di sinistra e di estrema destra che contestavano il decreto Gelmini prima hanno manifestato insieme, poi si sono divisi e si sono affrontati con violenza. Le forze dell'ordine li hanno separati e ne hanno arrestati alcuni (in prevalenza di destra, gli aggressori). Due funzionari di polizia sono stati feriti.
Abbiamo rivisto l'armamentario del tempo che fu: aste di bandiera usate come bastoni, lanci di bottiglie, barricate approssimative costruite con le sedie e i tavolini dei bar. Sullo sfondo, un senso di sgomento generale; mentre a Milano e Napoli venivano occupate le stazioni ferroviarie.
Davvero tutto questo è per opporsi alla legge sulla scuola voluta dal ministro dell'Istruzione? Al maestro unico, ai grembiulini, al voto in condotta, ai risparmi di spesa? L'opposizione parlamentare è stata severa, come è giusto che sia, e si è espressa tra l'altro nelle parole molto chiare di Anna Finocchiaro. Ma fuori del Senato abbiamo assistito a un altro spettacolo, tutt'altro che rassicurante. Abbiamo osservato un movimento disordinato e confuso, privo di una guida certa, in cui si esprime un ribellismo aspro, persino violento, che prende in prestito riti e comportamenti di altre epoche. Un movimento esiguo nei numeri, ma portatore di un radicalismo forse suggestivo per qualcuno e tuttavia assai pericoloso nei suoi esiti politici.
È forte la tentazione, per qualche segmento dell'opposizione, di correre dietro ai contestatori, quasi fosse una scorciatoia per recuperare consensi. Fanno pensare quegli striscioni penzolanti da una finestra del Senato, ad opera di rappresentanti dell'Italia dei Valori, con la scritta «Siamo con voi». Come se il mestiere di legislatore non si esercitasse all'interno del Parlamento, bensì in una sorta di limbo fra il palazzo e la piazza.
Ma ancor più stupisce e preoccupa l'idea diVeltroni di sostenere un referendum contro la legge Gelmini. È vero che lo stesso segretario del Pd in serata è apparso più cauto, rendendosi conto che le misure sulla scuola s'intrecciano con le leggi di bilancio e che un referendum in materia andrebbe attentamente calibrato. Comunque sia, è lo strumento del referendum in se stesso che viene agitato a sproposito. Come un vessillo da issare davanti ai manifestanti. Così facendo, da un lato li si incita a proseguire. Dall'altro si pone il Pd, la principale forza di un'opposizione che vuole essere «riformista», al traino del movimento studentesco. L'opinione pubblica è autorizzata a pensare che il Partito democratico crede talmente poco al Parlamento, da preferire la democrazia diretta. Anche perché sembra ossessionato dalla concorrenza di Di Pietro.
Ma allora perché sulla scuola sì e sulla giustizia, cioè sul Lodo Alfano, no? Una volta scoperchiato il vaso di Pandora non ci sono limiti. Eppure i dirigenti del Pd dovrebbero ricordare l'infausto esito della consultazione sulla scala mobile promossa negli anni Ottanta dal Pci. Si risolse in una débacle che segnò il declino del partito berlingueriano. Veltroni dovrebbe pensarci. Sulla scuola il referendum potrebbe riservare amare sorprese ai promotori. E risolversi in un successo di Berlusconi e della Gelmini, visti come difensori di un'Italia che studia e lavora. Meglio pensarci in tempo.

Veltroni maestro dei maestri di idiozie

Riprendo da "Libero" di stamattina il benvenuto dato allo sciopero generale della scuola dato con il suo editoriale da Vittorio Feltri. Titolo: "Maestri di idiozie". Sottotitolo: "Oggi niente lezioni. Insegnanti e studenti vanno in piazza per protestare contro il decreto Gelmini ormai legge. Veltroni raccoglie le firme per un referendum che non elimina i tagli". Vediamo il testo, lucido e netto, che svela l'inganno del referendum e la miseria del partito di Veltroni:
Quando diciamo "non sanno quello che fanno" non serviamo al lettore un luogo comune bensì una foto di gruppo. Un gruppo di persone irresponsabili (professori e studenti) impegnati a protestare nel modo più sgangherato e indegno, addirittura trascinando in manifestazioni chiassose i bambini delle elementari innocenti per definizione, quindi da rispettare e non da violare con cinismo.
Nei giorni scorsi, e anche ieri, in molte città si è assistito a turbolenze. E oggi le proteste sfociano in uno sciopero generale della scuola organizzato da sindacati che confermano, nella circostanza, di essere fuori dalla realtà e di non comprenderla. Difatti che senso ha una astensione dal lavoro con relativi cortei e scritte offensive se destinata a non mutare di una virgola il decreto Gelmini ormai trasformato in legge dello Stato?
Se proprio i tribuni dei lavoratori della cattedra e dei ragazzi volevano premere sul governo bloccando le attività didattiche dovevano farlo prima che il Senato approvasse il provvedimento. Ora è troppo tardi. C'è poco da condizionare. Cosa fatta capo ha. È pur vero che Veltroni ha annunciato un referendum abrogativo onde annullare le scelte della ministra.
Ma anche qui occorre precisare. Ammesso e non concesso che il plebiscito vada in porto e che la legge passata ieri sia fra un anno cancellata, la sinistra e le sue greggi di docenti e discenti otterrebbero un misero risultato: il ritorno dei giudizi sulle pagelle e della terna in classe con tanti saluti al maestro prevalente. Null'altro.
Perché i famigerati tagli nelle medie e nelle università non sono stati inseriti nel "pacchetto Gelmini", ma nella Finanziaria tremontiana. Ed è noto perfino agli analfabeti costituzionali che le leggi in materia finanziaria e tributaria non possono essere sottoposte a giudizio popolare (referendum abrogativo). Si vede che gli intellettuali della sinistra, pur così colti, non lo sanno o sono smemorati.
In ogni caso si stanno comportando in maniera scriteriata. Oppure, ed è più probabile, se ne infischiano della scuola e hanno altri obiettivi. Ho un sospetto. Avendo perso la base, compresi i metalmeccanici (che votano Lega o PdL), si sono gettati sugli insegnanti, cioè i nuovi proletari, pagati male ma col posto fisso, esentati dall'obbligo di rendere conto della qualità delle loro prestazioni, remunerati in ordine all'anzianità di servizio, progressione di carriera automatica, niente meritocrazia, trasferimenti facili, assenteismo a volontà.
Tutto qua. Mi pare sia sufficiente, però. E chi ne volesse sapere di più legga l'articolo di Salvatore Dama, al solito documentato, e il commento dell`esperto e brillante professor Giorgio Israel.

Il rugoso volto del partito di Veltroni

"Chi cavalca l`Onda. Anche il Pd lasci in pace gli studenti" è un intervento di Barbara Palombelli ospitato oggi su "Il Riformista". Forte ma estremamente centrato, "vero", il titolo con cui l'intervento viene ripreso per la sua continuazione in quarta pagina: "Il Pd non usi gli studenti per farsi il lifting". Scrive la Palombelli:
Caro direttore, quarant'anni dopo è tornato il movimento degli studenti medi. Quello vero, quello formato da ragazzi che non vogliono copiare niente dei movimenti precedenti. Hanno fantasia, facce pulite, sorridono. Respingono, come hanno fatto ieri a Roma, la violenza e le provocazioni. Hanno voglia di capire, di informarsi, di partecipare. Gli abbiamo spiegato che hanno poco o nulla da perdere. Il loro futuro è occupato: il lavoro è (se ci sarà) precario, la casa è (se c'è) ipotecata, le pensioni per loro, chissà.
Quelli dell'Onda il loro futuro vogliono immaginarselo da soli: fanno bene. Il rischio che corrono? Che l'universo della sinistra - in crisi su tutti i versanti - si metta alla testa del corteo (come si diceva una volta) e usi i nostri ragazzi per coprire anni di errori.
Anche il Pd deve lasciarli in pace. Un partito che cerca soltanto nelle folle e nelle firme le sue ragioni, con tante voci e con poche proposte, affollato di finti giovani scritturati in quanto tali - gente che non ha sudato sui marciapiedi della politica neanche per un pomeriggio - speriamo non faccia l'imitazione post-datata e rugosa del Sessantotto...
Guai se davvero il movimento verrà utilizzato come un rapido lifting per un Pd alla ricerca di un senso. Tanti di noi si sono augurati - in questi anni passati - che i giovani cittadini italiani facessero sentire la loro voce, riorganizzandosi in nuovi aggregati, in nuove forme non precostituite, senza modelli da copiare o distruggere. In piena libertà. Il mondo che verrà dovrà essere il loro, non il nostro. Se i ragazzi delle scuole e delle università faranno sul serio, se ascolteranno i loro cuori e non i soliti maestri, troveranno il coraggio anche di elencare la lunga serie di errori che sono stati commessi dai dirigenti politici che in queste ore fanno loro gli occhi dolci...
Alcuni rapidi esempi.
1) l'allungamento della carriera scolastica con il tre più due universitario anche per le facoltà che si chiudevano in quattro anni, senza attuare il corrispondente taglio di un anno di scuola secondaria, come avviene in Francia o negli Stati Uniti, con il risultato di appesantire oltremodo i bilanci familiari e di consegnare stremati e molto più grandi d'età i laureati italiani all'ingresso del mondo del lavoro.
2) Avere sottovalutato l'impatto devastante dei giudizi al posto dei voti, dei debiti e dei crediti al posto delle valutazioni sugli elaborati, con l'esito di una psicologizzazione di massa e di un ininterrotto quizzone che non hanno affatto giovato all'equilibrio degli adolescenti, mentre si lasciavano circolare nelle aule droghe cosiddette leggere, in realtà pesantissime (come si è visto negli interrogatori dei protagonisti dei fatti di Perugia, nuova capitale dello spaccio, ragazzi confusi e violentati dai ripetuti sballi chimici).
3) Avere difeso a oltranza la assoluta e finta gratuità di una scuola dove - per chi non ha possibilità di studiare all'estero, di costruirsi un curriculum serio - non ci sono affatto sbocchi professionali qualificati, anzi.
4) Voltarsi dall'altra parte per difendere un percorso scolastico che consente di diventare ricercatori soltanto a pochissimi privilegiati o a chi farà per sempre la fame, è stato un grave errore, un'imprudenza fatale che ora pagheranno famiglie e precari.
I ragazzi che sfilano, dai quattordicenni fin su ai trentenni in camice bianco che da settimane organizzano sit-in e gridano come possono i loro problemi, non vogliono essere presi in giro, né strumentalizzati. Ne hanno abbastanza di promesse, di mini-sanatorie, di tagli e ritagli. Il governo dovrà ascoltarli, presto. Ma anche l'attuale opposizione - prima di tutto - deve assumersi le sue responsabilità (che sono gravissime).

Serviti di barba e capelli

"Scontri e feriti a Roma. Visto? Per questi pacifisti ci vuole la polizia" è un articolo di Gianluigi Paragone su "Libero" di oggi. Scrive il giornalista:
Allora, eravamo scemi noi oppure la polizia serviva? Come volevasi dimostrare, alla fine è dovuta intervenire la Madama per raffreddare i bollenti spiriti degli studenti. I tafferugli erano nell'aria, così come la voglia di menare le mani. Era solo questione di ore. I mammalucchi della sinistra sono serviti di barba e capelli. «Chiamate la polizia», titolava Libero qualche giorno fa. E per questo ci siamo sciroppati le rampogne del primo della classe Veltroni, il quale ad Annozero ironizzava sul nostro buonsenso. Poveretto.
Quando ci permettemmo di dire a voce alta quel che parecchie persone normali stavano dicendo nel tinello di casa davanti alle immagini delle occupazioni, la protesta era solo all'inizio. Era nell'anticamera. Tanto bastava però per capire dove sarebbero andati a parare; bastava leggere gli striscioni e ascoltare le parole d'ordine. La scienza va difesa dai barbari senza indugiare troppo sui diritti degli altri. Per questo chiedevamo l'intervento degli agenti: per garantire il diritto della maggioranza silenziosa e studiosa. Eppure niente, per i professoroni Libero aveva torto marcio. Stavamo aizzando.
Ieri, dopo che sono venuti alle mani gli studenti di destra con quelli di sinistra, il Pd ha chiesto al governo di illustrare alle Camere l'accaduto. «Perché le Forze dell'ordine non sono intervenute subito? Dov'erano?», domandavano in coro alcuni parlamentari del centrosinistra assieme agli studenti col pugno chiuso alzato. Glielo diciamo noi: erano a dividere i facinorosi, erano a garantire che non accadesse il peggio. Infatti alcuni agenti sono finiti all'ospedale proprio per aver formato un cordone tra i gruppi. Ecco dov'erano.
Ma quando il pregiudizio verso polizia e carabinieri ha data antica e livore storico, non c'è niente da fare: non c'è peggior sordo di chi non vuole ascoltare. Come dimostrano le parole del leader della Cgil che ha avuto la faccia tosta di denunciare la «sostanziale indifferenza delle forze di polizia, fin quando lo scontro non è diventato tra fascisti e centri sociali». Ehi Epifani, giù le mani dagli agenti.
Da queste parti per la polizia e per le forze dell'ordine in generale abbiamo sempre nutrito stima e rispetto. Sempre, non all'occorrenza. Altrove invece si attende l'incidente per poi gridare "al lupo, al lupo".
«E colpa dei fascisti», accusano i compagni. «È colpa degli antifascisti», ribattono gli altri. Diciamo che è colpa degli idioti, così mettiamo d'accordo entrambi. Non si è immacolati quando si indossano caschi e maschere per non farsi riconoscere, o quando si prendono le sedie dei bar per tirarsele addosso, o quando si usano spranghe e cinture per far valere le proprie ragioni.
Lo ripetiamo da tempo: tutta questa vicenda delle contestazioni al decreto Gelmini nasconde una buona dose di confusione rispetto alla realtà delle cose e parecchio opportunismo politico. Persino Umberto Eco è arrivato a riconoscere che lo sciopero degli studenti sta favorendo i baroni. In effetti è così. Eppure la sinistra, la Cgil e i rettori inzuppano il biscotto nel casino generale, facendo leva sulla trasversalità della protesta. Fino a poche ore fa si facevano belli del fatto che vi fossero studenti di destra e di sinistra: s'è vista la trasversalità dov'è andata a finire. Se le sono date tra loro. Per non dire della cantilena pacifista di sottofondo: «E una protesta non violenta». Certo, non violenta finché sei d'accordo con loro; se tenti di entrare in aula, volano gli spintoni e le sberle. Perché le usanze della casa sono queste.
A Milano, per esempio, nessun corteo era stato autorizzato. Però i signorini hanno sfilato lo stesso: è legittimo, per carità. Non è legittimo lanciare le uova contro i poliziotti. «La polizia ci ha caricati», frignano gli studentelli. Ha fatto bene, cosa doveva fare: guardare lo spettacolo? Il buon senso ha fatto le valigie. Dite voi se ha senso bloccare i binari della stazione di Lambrate nel milanese o la stazione Centrale a Napoli per salvare la ricerca scientifica. Se ha senso bloccare lo svincolo autostradale tra Salerno e Avellino per boicottare il decreto Gelmini. Non abbiamo scritto "bamba" sulla fronte: questa protesta ha una precisa regia politica, corporativa e sindacale, della quale forse - ribadisco forse - qualche studente non scorge la consistenza. Ma c'è. E per farla valere sono disposti a tutto. Ecco perché, l'altro giorno, scrivevamo: chiamate la polizia. Ed ecco perché per motivi opposti Veltroni se l'era presa così tanto con Libero. Tutto torna.

Università: gridare per strada non serve

"Il Foglio" oggi ospitava un intervento di Giancarlo Cesana, professore di Igiene Generale e Applicata all'Università degli Studi di Milano Bicocca e leader di CL, che sottolineava come per ricostruire l'università serva gente che ami la propria libertà e come gridare per strada non serva più. Questo il testo:
Al direttore - Sciopero e manifestazione su scuola e università: protagonista negativo è ancora "la Gelmini". Ma "la Gelmini" non è il problema, Il Ministro dell'Istruzione è responsabile di una legge che intende razionalizzare e ridurre la spesa. Si può e si deve discutere. Possibilità e tempo ce ne sono, data la limitatezza e la dilazione del provvedimento (gli aspetti economici verranno attuati dal 2010). Tuttavia la proposta di alternative non verrà dal vociare delle dimostrazioni, perché proprio queste costituiscono il problema di scuola e università. Parlo di quest'ultima, in cui lavoro. Mi sono iscritto a Medicina, Milano, nel 1967. A dicembre abbiamo occupato. Da allora tutti gli anni ci sono stati, oltre a occupazioni, scioperi, blocchi, proteste, vandalismi e quant'altro, in un numero variabile di atenei. L'abitudine si è diffusa alla scuola, a inizio anno, con prolungamenti fino alle vacanze di Natale. Ora i ribelli sono una minoranza sempre più piccola e povera di contenuti, ma il rumore e la confusione che fanno sono sempre notevoli. Infatti un fenomeno di contestazione così persistente non è solo studentesco. Ha il sostegno e la complicità degli adulti, dentro e fuori le aule. Sembra un metodo scelto per sfogare il malcontento e la frustrazione di un cambiamento mancato, e anzi di un peggioramento in atto. Ma è un metodo corrosivo. Non c'è istituzione che possa reggere a quarant'anni di rivoluzione strisciante e di demagogia conseguente. In effetti l'università italiana ha perso il suo prestigio internazionale e vacilla paurosamente verso l'insignificanza sociale. D'altra parte, l'università, in quanto luogo di formazione dell'élite della società, è lo specchio di questa e anche la società italiana ha perso molto in capacità di lavoro e tecnologia. Sembrerebbe una situazione disperante e non perché non vi siano rimedi, ma perché, dato il basso livello raggiunto, ne sono proposti troppi, tutti giusti, prioritari e quindi in conflitto tra di loro. Non si sa da che parte incominciare. Contro-appelli e contro-manifestazioni aumentano la confusione generale. Ministri assai più esperti della Gelmini, anche di sinistra, sono stati insultati allo stesso modo. Il ricorso all'ordine pubblico spaventa anche chi lo propone, e non senza ragione. Eppure una possibilità ci deve essere perché non siamo finiti, checché ne dicano le classifiche internazionali.
Nell'università italiana ci sono esperienze di comunità, insegnamento e ricerca dove si impara non solo a studiare, ma a vivere. Si impara cioè una cultura, che è la vera anima della scuola, che è libera e non di stato, non solo perché, come vediamo, lo stato non può darla, ma perché è meglio che non la dia.
Bisogna che i protagonisti di queste esperienze amino la loro libertà, non cedano alla tentazione di delegarla ad altri o a un ribellismo impotente che cerchi di bruciare le tappe. È responsabilità degli studenti che non vogliono perdere il tempo - che è della vita e non dell'università - e soprattutto dei docenti che vogliono essere tali, ovvero propositivi della positività di conoscenza e tradizione che li sostiene. Al punto in cui siamo, per ricostruire ci vorranno anni, se non decenni. D'altra parte, la politica, se vuole concorrere allo sviluppo pacifico, non può essere che democrazia e compromesso. Gridare per le strade o sui binari della ferrovia, ora, non serve più.
Grazie dell'ospitalità.

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